Sunday 13 March 2016 10:07:31

Giurisprudenza  Procedimento Amministrativo e Riforme Istituzionali

Notificazioni alle persone giuridiche: nessuna nullità in caso di errata indicazione del nome o della qualifica del legale rappresentante

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 7.3.2016 n. 906

"Quando la notificazione di un atto è effettuata nei confronti del legale rappresentante pro tempore di un soggetto giuridico, presso la sua sede, non può determinare la nullità dell’atto l’errata indicazione nominativa (o l’errata qualifica) di tale rappresentante. Infatti la notificazione è indirizzata al soggetto giuridico e non alla persona fisica che temporaneamente ricopre l’ufficio". È questo il principio sancito dalla Sesta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 7 marzo 2016 n. 906.

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

N. 00906/2016REG.PROV.COLL.

N. 03477/2015 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3477 del 2015, proposto da: 
Domuscultae S.p.A. in liquidazione, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Carlo Tardella, con domicilio eletto in Roma, Via Pasubio, n. 15; 

contro

Comune di Ficulle, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Urbano Barelli, con domicilio eletto in Roma presso la Segreteria del Consiglio di Stato; 

nei confronti di

Francesco Moroni, Massimo Arturo Randi, Cristiano Monetti, Renato Risi, Sandro Pagni, Livio Fattorini, Enrico Fattorini, Edilfattorini S.r.l., in fallimento, n.c.; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per l’Umbria, Sezione I, n. 516 del 23 ottobre 2014, resa tra le parti, concernente la rimozione di opere edili eseguite in difformità dal permesso di costruire.

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Ficulle;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 gennaio 2016 il Cons. Dante D'Alessio e uditi per le parti gli avvocati Carlo Tardella e Urbano Barelli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO e DIRITTO

1.- La società Domusconsultae ha stipulato, in data 7 agosto 2007, una convenzione urbanistica con il Comune di Ficulle per la realizzazione di un complesso immobiliare, denominato “Il Conventaccio”, destinato a funzione turistico - residenziale.

Per quanto riguarda le opere oggetto dei provvedimenti impugnati, il Comune di Ficulle, con permesso di costruire n. 38 del 19 ottobre 2007 ha autorizzato il primo stralcio delle opere di urbanizzazione, tra cui la realizzazione di un parcheggio pubblico.

Con permesso di costruire n. 14 del 3 giugno 2008 il Comune ha poi assentito la costruzione del blocco “H” e con successivo permesso di costruire n. 4342 del 2011 (in sanatoria) ha assentito il cambio di destinazione d’uso di parte delle unità del blocco H.

2.- Con ordinanza n. 46 del 14 settembre 2012, preceduta dall’ordinanza di sospensione lavori n. 29 del 16 giugno 2012, il Comune di Ficulle ha ordinato alla società appellante la rimozione di tutte le opere edili, in località Conventaccio, relative alla realizzazione dei parcheggi e della zona di ingresso, provenendo dalla strada comunale di Calenne, alla zona CT6, poiché eseguite in difformità dal piano attuativo e dal permesso di costruire n. 38 del 19 ottobre 2007.

2.1.- Con ordinanza n. 47 del 17 settembre 2012, preceduta dalla ordinanza di sospensione lavori n. 35 del 20 luglio 2012, il Comune di Ficulle ha altresì ordinato alla società appellante la rimozione di tutte le opere edili, relative alla realizzazione del blocco H, unità H2, H3, H4, H5, H6 e H7, eseguite in difformità dai progetti approvati e dai titoli edilizi rilasciati, nonché il ripristino dello stato dei luoghi.

3.- La società Domusconsultae ha impugnato tali provvedimenti davanti al T.A.R. per l’Umbria sostenendone l’illegittimità.

4.- Il T.A.R. per l’Umbria, con sentenza n. 516 del 23 ottobre 2014 ha respinto il ricorso ritenendo infondati i lamentati vizi di carattere procedimentale e sostenendo che, dalla documentazione depositata in giudizio e dalla stessa prospettazione delle parti, emergevano le difformità delle opere realizzate dalla società Domusconsultae rispetto ai diversi titoli abilitativi ottenuti nel complesso iter procedimentale.

In relazione a tali difformità, il T.A.R. ha poi sostenuto che, contrariamente a quanto asserito dalla ricorrente, i lavori, oggetto delle ordinanze impugnate, risultavano portati a termine e che le difformità riscontrate non potevano ritenersi assentite a seguito della presentazione della S.C.I.A., in data 15 ottobre 2010, che riguardava solo il mutamento di destinazione d’uso delle unità H1 ed H6.

5.- La società Domusconsultae ha appellato l’indicata sentenza ritenendola erronea sotto diversi profili.

6.- Con il primo (e centrale) motivo la società appellante ha sostenuto che il T.A.R., con motivazione del tutto illogica, ha erroneamente ritenuto che:

- le difformità delle opere realizzate rispetto ai vari titoli abilitativi ottenuti risultavano dagli atti;

- le difformità erano sanzionabili perché i lavori dovevano ritenersi praticamente conclusi;

- non aveva rilievo, sulla asserita mancata conclusione dei lavori, il contenzioso sorto con la ditta appaltatrice Edilfattorini, nelle more sottoposta a procedura fallimentare;

- non aveva rilievo, per il periodo in cui era stata redatta, la consulenza tecnica redatta dall’ing. Marco Ferrero, consulente del P.M. nel procedimento penale pendente davanti al Tribunale di Orvieto;

- la S.C.I.A., presentata il 15 ottobre 2010, si riferiva alle sole unità H1 e H6 (del blocco H).

6.1.- Secondo l’appellante, invece, le difformità riscontrate dal Comune di Ficulle rispetto ai titoli abilitativi rilasciati, sia con riferimento al parcheggio (ordinanza n. 46 del 2012) che con riferimento al blocco H (ordinanza n. 47 del 2012), non potevano essere comunque sanzionate perché i lavori non erano stati ancora portati a termine, anche a causa del contenzioso con la ditta appaltatrice, e gli eccessi di volumetria accertati e i cambi di destinazione d’uso realizzati ben avrebbero potuto essere compensati da minori volumi da realizzare nelle altre aree del complesso immobiliare oggetto della convenzione urbanistica, come sostenuto anche dal CTU nominato nel procedimento penale.

Inoltre, secondo l’appellante, dalla perizia giurata allegata alla S.C.I.A. presentata il 15 ottobre 2010, a firma dell’arch. Arturo Randi, si evinceva chiaramente che la stessa si riferiva alle unità H1, H2, H3, H4, H5, H6 e H8, con i relativi cambi della destinazione d’uso, e non solo alle unità H1 ed H6.

7.- Il motivo, nelle sue diverse articolazioni, è infondato.

Risulta, in primo luogo, pacificamente dagli atti, che le opere contestate (riguardanti le aree destinate a parcheggio e le diverse unità del blocco H) sono state realizzate in difformità rispetto ai relativi titoli abilitativi.

Ciò emerge dal contenuto delle due ordinanze impugnate, che analiticamente hanno indicato tutte le difformità riscontrate fra i titoli abilitativi in possesso della appellante e le opere realizzate, ed anche dall’esame degli accertamenti compiuti dalla Guardia Forestale ed oggetto della relazione in data 7 ottobre 2011.

La difformità delle opere oggetto dei provvedimenti impugnati rispetto ai relativi titoli abilitativi non sono peraltro sostanzialmente contraddette nemmeno dagli elementi prodotti in giudizio dalla società appellante.

8.- In particolare, l’ordinanza n. 46 del 14 settembre 2012, riguardante le aree destinate a parcheggio, evidenzia una diversa conformazione fisica del parcheggio pubblico (anche se con una superficie praticamente corrispondente a quella di progetto) e del parcheggio pertinenziale (realizzato per 545 mq. rispetto ai mq. 715 complessivi previsti), nonché la realizzazione di una appendice al parcheggio pubblico, non prevista dal progetto, della superficie complessiva di mq. 350 circa.

9.- L’ordinanza n. 47 del 17 settembre 2012 evidenzia invece numerose difformità nei lavori eseguiti nel blocco H (H2, H3, H4, H5, H6 e H7) e rileva che «le opere eseguite in difformità dai titoli abilitativi ottenuti sono complete di finiture e di fatto ultimate, con scelte progettuali… diverse da quelle alla base di detti titoli e ciò comporta che si concretizzi la fattispecie di cui all’art. 32 comma 1 della L.R. n. 1/2004, con particolare riferimento alla lettera d), in quanto l’aumento di altezza di parte dei seminterrati comporta che i medesimi locali costituiscono interamente volume urbanistico, con un incremento valutato in m.c. 981,22 circa, rispetto al volume assentito di m.c. 1842,18».

9.1.- La rilevanza degli abusi edilizi commessi nel blocco H emerge non solo dal contenuto della citata ordinanza n. 47 del 2012 ma, come si è accennato, anche dagli accertamenti compiuti dal Corpo Forestale dello Stato su incarico della Procura della Repubblica di Orvieto.

Nella relazione all’uopo predisposta, in data 7 ottobre 2011, il Corpo Forestale ha, fra l’altro, rilevato che:

- il blocco H, che ricade all’interno del Comparto 2, può definirsi completato nella sua interezza, se non per alcuni minimi interventi da effettuare per rendere effettivamente abitabili le singole unità immobiliari non ancora utilizzate;

- il blocco H era composto da 7 unità immobiliari, di cui 2 destinate ad abitazione (H6 ed H7) e le altre ad usi non abitativi (cantine e garage);

- nel 2010 era stato richiesto lo scambio fra le destinazioni d’uso delle unità H1 (da cantina ad abitazione) e H6 (da abitazione a cantina);

- successivamente con S.C.I.A. del 15 ottobre 2010 era stato richiesto il cambio di destinazione d’uso di altre unità del blocco H (H2, H3, H4, H5, H6 e H8), in particolare era stato comunicato che i locali posti al piano terra delle unità immobiliari in questione da cantine sarebbero diventate abitazioni e i locali seminterrati da garage sarebbero stati trasformati in cantine, mentre l’unità H8 da garage diventava abitazione ed era inglobata nella unità H1.

9.2.- Dagli atti di causa emerge, pertanto, che il blocco H, secondo quanto assentito con il permesso di costruire n. 14 del 2008, doveva essere destinato in parte ad abitazioni (unità H6 e H7) e in parte a cantine (unità H1, H2, H3, H4; H5).

Successivamente la società appellante aveva chiesto il cambio di destinazione d’uso delle unità H6 (da abitazione a cantina) e H1 (da cantina ad abitazione), con due diverse istanze in data 11 giugno 2010 e 2 luglio 2010 (assentite dal Comune in data 24 giugno 2010 e 4 aprile 2011). 

Poi con S.C.I.A. del 15 ottobre 2010 la società appellante aveva comunicato di voler trasformare la destinazione d’uso delle unità H2, H3, H4, H5, H6 e H8. In particolare aveva comunicato che i locali posti al piano terra delle unità H2, H3, H4, H5, H6 da cantine sarebbero diventate abitazioni e i rispettivi locali seminterrati da garage sarebbero stati trasformati in cantine, mentre l’unità H8 (già piano interrato dell’unità H1) da garage diventava abitazione ed era inglobata nella unità H1. Il tutto con un incremento dei volumi utili compensato dall’asserito decremento dei volumi abitabili ottenuto attraverso alcuni mutamenti di destinazione d’uso di locali siti in altri blocchi (G3, F3, E1 ed E8).

Infine, come emerge dall’impugnata ordinanza n. 47 del 1012, la società appellante ha trasformato, in assenza di ulteriori atti abilitativi, anche i locali seminterrati delle unità H2, H3, H4, H5, H6 e H7, che per effetto del richiesto mutamento della destinazione d’uso erano stati asseritamente destinati a cantine (e prima erano destinati a garage), in abitazioni, dotate delle necessarie altezze, finiture e servizi igienici, con un evidente ulteriore consistente incremento dei volumi abitabili.

9.3.- Peraltro, come risulta dalla relazione, in data 31 maggio 2011, del CTU incaricato nel giudizio penale, la società appellante aveva pubblicizzato già da tempo. sul suo sito internet, come unità abitative tutte le diverse unità del blocco H (che pure dovevano avere diversa destinazione secondo i titoli assentiti). Inoltre anche l’unità H6, che doveva essere trasformata da abitazione a cantina, per quanto prima ricordato, risultava messa in vendita come abitazione.

10.- Ciò chiarito, le difformità oggetto delle due ordinanza impugnate erano certamente sanzionabili per la loro rilevanza (soprattutto quelle accertate nel blocco H), ed anche perché i lavori (almeno per il comparto in questione), pur in assenza di una formale dichiarazione di ultimazione dei lavori, dovevano ritenersi praticamente conclusi, come risulta dagli atti, tanto che diverse unità immobiliari erano state anche già vendute.

Peraltro il T.A.R. ha evidenziato che «la depositata documentazione fotografica esclude l’esistenza di un cantiere e dimostra oramai l’avvenuta conclusione del progetto edilizio».

10.1.-Né, contrariamente a quanto sostenuto dalla società appellante, poteva avere alcun rilievo il contenzioso sorto con la ditta appaltatrice Edilfattorini, nelle more sottoposta a procedura fallimentare, considerato che tale circostanza non incide sugli abusi realizzati e peraltro, come ha sostenuto il T.A.R., sarebbe stato comunque possibile per Domusconsultae provvedere diversamente alle ulteriori opere oggetto della convenzione con il Comune.

10.2.- Non si può poi arrivare a conclusione diversa nemmeno richiamando, come ha fatto l’appellante, le valutazioni compiute dal CTU incaricato nel giudizio penale, nella citata relazione in data 31 maggio 2011, circa una possibile compensazione fra i maggiori volumi realizzati con i volumi ancora da realizzare in altri comparti del progetto urbanistico, tenuto conto che tale affermazione, a prescindere da ogni altra considerazione, non può incidere sulla legittimità delle due ordinanze impugnate che peraltro riguardano difformità accertate successivamente.

11.- Si deve solo aggiungere, per completezza, che contrariamente a quanto affermato dal T.A.R., la S.C.I.A., presentata in data 15 ottobre 2010, come risulta dagli atti, prevedeva il mutamento di destinazione d’uso di diversi locali del blocco H (e non solo delle unità H1 ed H6). 

Ma, come si è chiarito, tale circostanza non incide sulla legittimità dell’ordinanza n. 47 del 2012 che riguarda ulteriori difformità riscontrate rispetto ai titoli abilitativi riguardanti il blocco H.

12.- Con il secondo motivo di appello la società Domuscultae, dopo aver ricordato che le ordinanze di sospensione dei lavori, asseritamente valevoli come comunicazione di avvio del procedimento, erano state notificate al signor Moroni Francesco, quale rappresentante legale della società (all’epoca già in fase di liquidazione), anziché alla liquidatrice dr.ssa Lulli Loredana, ha sostenuto che erroneamente il T.A.R. ha ritenuto infondato il motivo con il quale aveva lamentato che entrambe le ordinanze impugnate, quali provvedimenti finali dell’iter procedimentale, dovevano ritenersi illegittime a causa del vizio invalidante dell’erronea notificazione e della conseguente omessa comunicazione dell’avvio del procedimento.

Anche tale motivo non è fondato.

12.1.- Preliminarmente si deve osservare che quando la notificazione di un atto è effettuata nei confronti del legale rappresentante pro tempore di un soggetto giuridico, presso la sua sede, non può determinare la nullità dell’atto l’errata indicazione nominativa (o l’errata qualifica) di tale rappresentante. Infatti la notificazione è indirizzata al soggetto giuridico e non alla persona fisica che temporaneamente ricopre l’ufficio.

12.2.- Sempre, in via preliminare, si deve poi ricordare che, per giurisprudenza pacifica, i provvedimenti repressivi di abusi edilizi non necessitano della previa comunicazione di avvio del procedimento, di cui all’art. 7 della legge n. 241 del 1990, trattandosi di atti a contenuto vincolato (da ultimo, Consiglio di Stato, Sez. VI, 9 febbraio 2016, n. 554). 

12.3.- Ciò premesso, nella fattispecie, come emerge dagli atti di causa (e come ha affermato il T.A.R.) non solo il Comune di Ficulle ha garantito la partecipazione di rappresentati della società appellante ai diversi atti del procedimento ma la stessa società ha dimostrato di avere avuto piena e tempestiva conoscenza di tali atti.

13.- In conclusione, per tutti gli esposti motivi, l’appello è infondato e deve essere respinto.

Le spese del grado di appello seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la società appellante al pagamento di € 3.000,00 (tremila), in favore del Comune resistente, per le spese e competenze del grado di appello.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 gennaio 2016 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Francesco Caringella, Presidente

Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere

Dante D'Alessio, Consigliere, Estensore

Andrea Pannone, Consigliere

Vincenzo Lopilato, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 07/03/2016

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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