Sunday 13 March 2016 10:13:18

Giurisprudenza  Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza

Durc: "no" del Consiglio di Stato alla regolarizzazione postuma delle irregolarità contributive, ma ritiro dell’aggiudicazione della gara

segnalazione del Prof. avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 7.3.2016 n. 917

La questione giuridica giunta all'attenzione della Sesta Sezione del Consiglio di Stato attiene alla sanabilità delle irregolarità contributive emerse subito dopo la stipula del contratto d’appalto e riscontrate dalla stazione appaltante a seguito della espressa richiesta agli istituti previdenziali delle condizioni di esistenza della regolarità contributiva dell’impresa aggiudicataria. La tesi della società appellante, già aggiudicataria della gara, la quale non contesta di non essere stata in regola con il pagamento dei contributi previdenziali già alla data di stipula del contratto inter partes è che la stazione appaltante, prima dell’eventuale ritiro in autotutela dell’aggiudicazione, avrebbe dovuto richiedere alla società interessata la regolarizzazione della propria posizione contributiva, e tanto ai sensi dell’art. 31, comma 8, del d.l. 21 giugno 2013 n. 69, convertito nella legge n. 98 del 2013, recante semplificazioni in materia di DURC. Il Collegio con la sentenza del 7.3.2016 n. 917 è del parere che la tesi non meriti condivisione. "La disposizione normativa appena citata dispone che ai fini della verifica per il rilascio del documento unico di regolarità contributiva (DURC), in caso di mancanza dei requisiti per il rilascio di tale documento gli Enti preposti al rilascio, prima dell'emissione del DURC o dell'annullamento del documento già rilasciato, invitano l'interessato, mediante posta elettronica certificata o con lo stesso mezzo per il tramite del consulente del lavoro ovvero degli altri soggetti di cui all'articolo 1 della legge 11 gennaio 1979, n. 12, a regolarizzare la propria posizione entro un termine non superiore a quindici giorni, indicando analiticamente le cause della irregolarità. Tuttavia, come è agevole desumere già dalla portata letterale della disposizione, la norma trova applicazione, come correttamente ritenuto del giudice di primo grado, nei casi di richiesta del DURC da parte dell’impresa interessata ( sia in sede di prima emissione del documento, sia in sede di rinnovo) nell’ambito delle attività di normale gestione dell’impresa;ma non certo nei casi, quale quello di specie, in cui la richiesta del DURC provenga da una stazione appaltante e sia funzionale ad acclarare se il concorrente ( che ha dichiarato in sede di gara di essere in regola con il versamento dei contributi) abbia in concreto i requisiti dichiarati per restare aggiudicatario di un appalto pubblico. In tali casi, ammettere la regolarizzazione postuma del requisito contributivo mancante sarebbe evidentemente violativo della par condicio competitorum tenuto conto, peraltro, che nella specie, il requisito della regolarità contributiva era richiesto dal disciplinare di gara ( cfr. pag. 3) quale requisito “ dinamico”; dato che il concorrente doveva dichiarare di non aver commesso violazioni gravi in materia previdenziale ed assistenziale, di essere al corrente con il pagamento dei contributi e di obbligarsi a rimanervi “ in via dinamica” ovvero dal momento della partecipazione alla gara al momento della stipulazione del contratto. Ora, poiché dalla interlocuzione con gli istituti previdenziali ( v. certificazioni in atti), la stazione appaltante ha accertato la carenza del requisito contributivo della impresa GP General Pol srl alla data del 13 febbraio 2015 (ovverosia alla data di stipula del contratto), incensurabile appare la determinazione con la quale è stato disposto il ritiro dell’aggiudicazione e la risoluzione del contratto già stipulato, essendo l’impresa venuta meno all’obbligo di mantenere il requisito contributivo fino alla stipula del contratto. Il fatto integra in sè una violazione grave delle norme in materia previdenziale, che necessariamente ha comportato l’esclusione dell’impresa dalla gara ( mercè il ritiro dell’aggiudicazione e la risoluzione del rapporto contrattuale). La conclusione è peraltro coerente con quanto statuito dall’adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato nella sentenza 4 maggio 2012 n. 8, nella quale è stato affermato che la valutazione della gravità delle violazioni alle norme in materia previdenziale ed assistenziale non è rimessa alla valutazione caso per caso della stazione appaltante, posto che ai sensi e per gli effetti dell’art. 38, comma 1, lett. i), d.lgs. n. 163 del 2006, secondo cui costituiscono causa di esclusione dalle gare di appalto le gravi violazioni alle norme in materia previdenziale e assistenziale, la nozione di “violazione grave” si deve desumere dalla disciplina previdenziale, e in particolare dalla disciplina del documento unico di regolarità contributiva; con la conseguenza che la verifica della regolarità contributiva delle imprese partecipanti a procedure di gara per l’aggiudicazione di appalti con la pubblica amministrazione è demandata agli istituti di previdenza, le cui certificazioni (DURC) si impongono alle stazioni appaltanti, che non possono sindacarne il contenuto. Ne consegue che, nel caso di specie, dalla certificazione negativa degli istituti previdenziali doveva necessariamente derivare il ritiro dell’aggiudicazione della gara in confronto dell’ATI di cui faceva parte l’odierna appellante; senza che peraltro possano qui riconnettersi conseguenze invalidanti ( stante il richiamato carattere vincolato dell’atto di ritiro) alla mancata comunicazione dell’avvio del procedimento di autotutela".

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

N. 00917/2016REG.PROV.COLL.

N. 10009/2015 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10009 del 2015, proposto da: 
* in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avvocato Luca Sechi, con domicilio eletto presso Davide Galiani in Roma, Via Archimede 143; 

contro

Università degli Studi di Sassari, in persona del Rettore pro-tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato , e domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12; 

nei confronti di

*, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avvocato Bettino Arru, con domicilio eletto presso l’avvocato Andrea Manzi in Roma, via Federico Confalonieri 5; 

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. SARDEGNA - CAGLIARI: SEZIONE I n. 1007/2015, resa tra le parti, concernente affidamento triennale gara d'appalto per il servizio di portierato, vigilanza e servizi integrati e risarcimento dei danni

 

 

Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Sassari e della società SGS Sardinia General Service Srl;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 28 gennaio 2016, il consigliere di Stato Giulio Castriota Scanderbeg e uditi per le parti l’avvocato Sechi, l’avvocato dello Stato D'Ascia e l’avvocato Manzi, per delega dell’avvocato Arru;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO e DIRITTO

1.- La società * impugna la sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Sardegna 18 agosto 2015 n. 1007, resa in forma semplificata, che ha respinto il ricorso proposto dall’odierna appellante ( in primo grado unitamente alla società * avverso gli atti recanti il ritiro in autotutela dell’aggiudicazione in proprio favore della gara bandita dall’Università degli studi di Sassari per il servizio di portierato, vigilanza e servizi integrati.

A base dell’autotutela, l’Amministrazione universitaria ha posto la questione del sopravvenuto accertamento della irregolarità del documento unico di regolarità contributiva (DURC) in capo ad essa appellante, nonostante le diverse dichiarazioni dalla stessa rese in sede di gara riguardo al possesso del requisito partecipativo.

L’appellante si duole della erroneità della gravata sentenza e ne chiede la riforma sul rilievo della sanabilità, a tutto concedere, del requisito mancante, ai sensi dell’art. 31, comma 8, del d.l. n.69 del 2013 convertito nella legge 98 del 2013.

Conclude l’appellante per l’accoglimento dell’appello con conseguente annullamento degli atti impugnati in primo grado, in riforma della impugnata sentenza e con il ristoro dei danni.

Si è costituita in giudizio l’Università intimata per resistere all’appello e per chiederne la reiezione. Si è altresì costituita la società controinteressata * divenuta affidataria dei servizi oggetto di gara a seguito dell’adozione dei provvedimenti impugnati in primo grado, ed ha concluso per la reiezione dell’appello e, prima ancora, per la declaratoria della sua inammissibilità processuale.

All’udienza pubblica del 28 gennaio 2016 la causa è stata trattenuta per la decisione.

2.- Rileva anzitutto il Collegio come, ai fini della verifica della persistenza dell’ interesse alla decisione dell’appello, vada ritenuta ininfluente la nuova determinazione con cui la stazione appaltante ha comunicato all’attuale affidataria del servizio ( i.e., alla controinteressata *s.rl.) di non voler più usufruire del servizio di portierato, vigilanza e servizi integrati oggetto dell’appalto per cui è giudizio. Permane, infatti, integro, in capo all’odierna appellante, l’interesse allo scrutinio della legittimità degli atti con cui l’Università di Sassari ha fatto luogo al ritiro dell’aggiudicazione della gara in suo favore ed allo scioglimento del contratto, tenuto conto che detto contratto ha avuto un principio di esecuzione ( sicchè per quella parte l’appellante avrebbe titolo ad accertare il suo diritto al subentro) e che, in ogni caso, resterebbe integro l’interesse processuale del ricorrente alla definizione del presente giudizio, anche soltanto ai fini dell’eventuale azione risarcitoria ( art.34, comma 3, cod.proc.amm. ).

3.- Ancora in via preliminare, va sgomberato il campo dalla questione (della dedotta carenza) di giurisdizione di questo giudice amministrativo, come sollevata dalla difesa della Università degli studi di Sassari nella memoria di costituzione in giudizio. 

La questione, sollevata sotto il profilo dell’incidenza degli atti gravati sulla esecuzione del contratto e quindi dell’appartenenza della controversia all’ambito cognitorio riservato al giudice ordinario, va considerata ormai definitivamente preclusa in quanto coperta da giudicato implicito, formatosi a seguito della sentenza del giudice di primo grado che, nel decidere il merito della causa, ha con ciò ritenuto sussistente la giurisdizione del giudice amministrativo. Tale sentenza, in quanto non impugnata, né in via principale, né in via incidentale, sotto il profilo della giurisdizione, è divenuta per questa parte intangibile, non essendo consentito, in grado d’appello, che la questione di giurisdizione sia sollevata d’ufficio o sia comunque esaminata in assenza, sul punto, di uno specifico mezzo di impugnazione della sentenza (art. 9 cod. proc. amm.).

4.-Nel merito, l’appello è infondato e va respinto.

5.- La questione giuridica che si pone attiene alla sanabilità delle irregolarità contributive emerse subito dopo la stipula del contratto d’appalto e riscontrate dalla stazione appaltante a seguito della espressa richiesta agli istituti previdenziali delle condizioni di esistenza della regolarità contributiva dell’impresa aggiudicataria.

La tesi della società appellante, già aggiudicataria della gara, la quale non contesta di non essere stata in regola con il pagamento dei contributi previdenziali già alla data di stipula del contratto inter partes è che la stazione appaltante, prima dell’eventuale ritiro in autotutela dell’aggiudicazione, avrebbe dovuto richiedere alla società interessata la regolarizzazione della propria posizione contributiva, e tanto ai sensi dell’art. 31, comma 8, del d.l. 21 giugno 2013 n. 69, convertito nella legge n. 98 del 2013, recante semplificazioni in materia di DURC.

6.- Il Collegio è del parere che la tesi non meriti condivisione. 

La disposizione normativa appena citata dispone che ai fini della verifica per il rilascio del documento unico di regolarità contributiva (DURC), in caso di mancanza dei requisiti per il rilascio di tale documento gli Enti preposti al rilascio, prima dell'emissione del DURC o dell'annullamento del documento già rilasciato, invitano l'interessato, mediante posta elettronica certificata o con lo stesso mezzo per il tramite del consulente del lavoro ovvero degli altri soggetti di cui all'articolo 1 della legge 11 gennaio 1979, n. 12, a regolarizzare la propria posizione entro un termine non superiore a quindici giorni, indicando analiticamente le cause della irregolarità

Tuttavia, come è agevole desumere già dalla portata letterale della disposizione, la norma trova applicazione, come correttamente ritenuto del giudice di primo grado, nei casi di richiesta del DURC da parte dell’impresa interessata ( sia in sede di prima emissione del documento, sia in sede di rinnovo) nell’ambito delle attività di normale gestione dell’impresa;ma non certo nei casi, quale quello di specie, in cui la richiesta del DURC provenga da una stazione appaltante e sia funzionale ad acclarare se il concorrente ( che ha dichiarato in sede di gara di essere in regola con il versamento dei contributi) abbia in concreto i requisiti dichiarati per restare aggiudicatario di un appalto pubblico. 

7.- In tali casi, ammettere la regolarizzazione postuma del requisito contributivo mancante sarebbe evidentemente violativo della par condicio competitorum tenuto conto, peraltro, che nella specie, il requisito della regolarità contributiva era richiesto dal disciplinare di gara ( cfr. pag. 3) quale requisito “ dinamico”; dato che il concorrente doveva dichiarare di non aver commesso violazioni gravi in materia previdenziale ed assistenziale, di essere al corrente con il pagamento dei contributi e di obbligarsi a rimanervi “ in via dinamica” ovvero dal momento della partecipazione alla gara al momento della stipulazione del contratto. Ora, poiché dalla interlocuzione con gli istituti previdenziali ( v. certificazioni in atti), la stazione appaltante ha accertato la carenza del requisito contributivo della impresa *rl alla data del 13 febbraio 2015 (ovverosia alla data di stipula del contratto), incensurabile appare la determinazione con la quale è stato disposto il ritiro dell’aggiudicazione e la risoluzione del contratto già stipulato, essendo l’impresa venuta meno all’obbligo di mantenere il requisito contributivo fino alla stipula del contratto.

Il fatto integra in sè una violazione grave delle norme in materia previdenziale, che necessariamente ha comportato l’esclusione dell’impresa dalla gara ( mercè il ritiro dell’aggiudicazione e la risoluzione del rapporto contrattuale). 

8.-La conclusione è peraltro coerente con quanto statuito dall’adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato nella sentenza 4 maggio 2012 n. 8, nella quale è stato affermato che la valutazione della gravità delle violazioni alle norme in materia previdenziale ed assistenziale non è rimessa alla valutazione caso per caso della stazione appaltante, posto che ai sensi e per gli effetti dell’art. 38, comma 1, lett. i), d.lgs. n. 163 del 2006, secondo cui costituiscono causa di esclusione dalle gare di appalto le gravi violazioni alle norme in materia previdenziale e assistenziale, la nozione di “violazione grave” si deve desumere dalla disciplina previdenziale, e in particolare dalla disciplina del documento unico di regolarità contributiva; con la conseguenza che la verifica della regolarità contributiva delle imprese partecipanti a procedure di gara per l’aggiudicazione di appalti con la pubblica amministrazione è demandata agli istituti di previdenza, le cui certificazioni (DURC) si impongono alle stazioni appaltanti, che non possono sindacarne il contenuto.

Ne consegue che, nel caso di specie, dalla certificazione negativa degli istituti previdenziali doveva necessariamente derivare il ritiro dell’aggiudicazione della gara in confronto dell’ATI di cui faceva parte l’odierna appellante; senza che peraltro possano qui riconnettersi conseguenze invalidanti ( stante il richiamato carattere vincolato dell’atto di ritiro) alla mancata comunicazione dell’avvio del procedimento di autotutela.

9.- In definitiva, l’appello va respinto e va confermata l’impugnata sentenza.

10.- Le spese del presente grado di giudizio seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello ( RG n. 10009/15), come in epigrafe proposto,lo respinge.

Condanna la società appellante al pagamento delle spese e degli onorari del presente grado di giudizio, che liquida in complessivi euro 4.000 (quattromila/00), oltre accessori: di cui euro 2.000 (duemila/00), oltre accessori in favore dell’Università di Sassari ed euro 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori in favore della società * s.r.l. 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 gennaio 2016 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Francesco Caringella, Presidente

Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere, Estensore

Dante D'Alessio, Consigliere

Andrea Pannone, Consigliere

Vincenzo Lopilato, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 07/03/2016

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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