Monday 04 September 2017 09:18:37
Giurisprudenza Patto di Stabliità, Bilancio e Fiscalità
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 28.7.2017
Nella specie, si pone all’attenzione della Terza Sezione del Consiglio di Stato la questione se il rimborso delle spese sostenute dal dipendente prosciolto nel giudizio di responsabilità contabile debba avvenire necessariamente nei limiti riconosciuti dal giudice contabile nella sua sentenza o se la relativa liquidazione debba avvenire, in maniera indipendente dalle statuizioni del giudice contabile, in sede extragiudiziale, previa acquisizione del parere di congruità dell’Avvocatura erariale.
Ritiene il Collegio che non si possa condividere l’assunto dell’Amministrazione appellante della riserva esclusiva in capo al giudice contabile del potere di determinare le spese legali da rimborsare al dipendente assolto all’esito del giudizio contabile.
Se è vero che l’art. 10-bis, comma 10, del D.L. 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, nella L. 2 dicembre 2005, n. 248, statuisce che “il giudice contabile, in caso di proscioglimento nel merito, e con la sentenza che definisce il giudizio, ai sensi e con le modalità di cui all'articolo 91 del codice di procedura civile, non può disporre la compensazione delle spese del giudizio e liquida l'ammontare degli onorari e diritti spettanti alla difesa del prosciolto”, nella risoluzione della questione giuridica sub iudice si deve infatti comunque tenere conto del principio di diritto enunciato dalle SS.UU., nella sentenza 14 marzo 2011, n. 5.918, per cui: “il rapporto, che si instaura fra l'incolpato, poi assolto, e l'amministrazione di appartenenza, nulla ha a che vedere con quello che ha per oggetto il giudizio di responsabilità contabile. Il primo, infatti, si riferisce al rimborso delle spese sopportate dall'incolpato, poi, assolto e si costituisce tra l'interessato e l'amministrazione di appartenenza. A questo rapporto è estraneo quello relativo al giudizio di responsabilità contabile. Tra i due rapporti non vi sono elementi di connessione, in ragione della diversità del loro oggetto (così, Cass. SS. UU. 12 novembre 2003, n. 17.014)”.
In altre parole, mentre nel giudizio contabile la regolamentazione delle spese spetta appunto al giudice contabile, la statuizione sulle spese relative al rapporto sostanziale che intercorre fra amministrazione di appartenenza e dipendente - e sulla base del quale l'amministrazione è onerata ex lege del suo rimborso in favore del dipendente prosciolto - esula dalla giurisdizione contabile, con la conseguenza che va affermata indubbiamente la piena autonomia dei due rapporti.
Il predetto rapporto sostanziale trova la sua fonte di disciplina normativa principalmente nell’articolo 18, comma 1, del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 1997, n. 135, il quale prevede che “le spese legali relative a giudizi per responsabilità civile, penale e amministrativa, promossi nei confronti di dipendenti di amministrazioni statali in conseguenza di fatti ed atti connessi con l'espletamento del servizio o con l'assolvimento di obblighi istituzionali e conclusi con sentenza o provvedimento che escluda la loro responsabilità, sono rimborsate dalle amministrazioni di appartenenza nei limiti riconosciuti congrui dall'Avvocatura dello Stato” e, in particolare, quanto al giudizio contabile, nell’articolo 3, comma 2-bis del D.L. 23 ottobre 1996, n. 543, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 dicembre 1996, n. 639, secondo il quale: “In caso di definitivo proscioglimento ai sensi di quanto previsto dal comma 1 dell'articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, come modificato dal comma 1 del presente articolo, le spese legali sostenute dai soggetti sottoposti al giudizio della Corte dei conti sono rimborsate dall'amministrazione di appartenenza”.
Ebbene, appare evidente che la finalità dei due dettati normativi appena citati sia proprio quella di tenere indenne a tutti gli effetti il pubblico dipendente dalle spese legali sopportate in relazione a giudizi conclusisi con sentenza di esclusione di responsabilità; in altre parole, la normativa de quava letta nel senso che va garantita senz’altro l’effettività del diritto al rimborso, con la ineludibile conseguenza che la sentenza di proscioglimento nel merito costituisce necessariamente mero presupposto di un credito che è attribuito dalla legge e che il giudice contabile, per i giudizi di sua competenza, è sì deputato a quantificare, ma salva comunque la definitiva determinazione del suo ammontare da compiere, su parere dell’Avvocatura dello Stato, con provvedimento dell’Amministrazione di appartenenza.
Diversamente opinando, si ammetterebbe, infatti, che il diritto al rimborso delle spese sopportate che, come già detto, trova la sua origine nell’autonomo rapporto di natura sostanziale intercorrente tra Amministrazione e dipendente, possa essere irrimediabilmente e, eventualmente, anche ingiustificatamente condizionato e compromesso dalle statuizioni del giudice contabile, come per esempio attraverso la liquidazione di un importo meramente simbolico e comunque inferiore rispetto all’effettivo esborso congruamente determinato (come apparentemente successo, nella specie, all’esito del secondo grado di giudizio innanzi alla Corte dei Conti) o addirittura l’eventuale compensazione delle spese (come avvenuto nel caso di specie, con la sentenza di primo grado del giudice contabile), il che sarebbe senz’altro incompatibile con il principio della necessaria effettività del rimborso sopra affermato, considerato altresì il dovere dell’assistito al pagamento delle spese legali in favore del proprio difensore in base alla tariffa forense.
Conseguentemente, il rimborso delle spese sopportate dal dipendente prosciolto in sede di giudizio contabile, dovuto dall’Amministrazione di appartenenza, va necessariamente determinato autonomamente da quest’ultima, sulla base di un parere di congruità dell’Avvocatura erariale, non solo qualora la sentenza della Corte dei Conti non contiene alcuna statuizione sul punto, ma anche in presenza di una liquidazione effettuata dal giudice contabile, fermo restando che la somma liquidata dal predetto giudice va naturalmente assorbita nell’importo complessivo.
Come già affermato dal primo giudice, detto parere che, quindi, non ha la mera funzione “di riscontro formale, sul piano amministrativo, della conformità della richiesta di rimborso rispetto alla misura liquidata in sentenza”, come sostenuto dall’appellante, deve tenere conto delle necessità difensive dell’assistito in relazione alle accuse che gli sono state mosse ed ai rischi del giudizio e deve riguardare la conformità della parcella presentata dal difensore alla tariffa professionale ed ai criteri di fissazione del compenso ivi previsti.
Sulla scorta di tale parere, spetta poi all’Amministrazione rimborsare l’importo dovuto, ovviamente, previa dimostrazione dell’effettivo pagamento della relativa somma al difensore, da parte del dipendente, in ossequio al principio dell’effettività del rimborso di cui si è già detto ed al fine di evitare qualsivoglia forma di possibile locupletazione in capo al beneficiario.
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