Monday 22 October 2018 13:35:57
Giurisprudenza Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 18.10.2018
La Sezione Terza del Consiglio di Stato nella sentenza del 18 ottobre 2018 ha richiamato i principi elaborati dalla Sezione da ultimo, con la sentenza 3828/2018 a tenore dei quali “la misura di cui all'art. 143, t.u. 18 agosto 2000, n. 267, non ha natura di provvedimento di tipo sanzionatorio, ma preventivo, con la conseguenza che, ai fini della sua adozione, è sufficiente la presenza di elementi che consentano di individuare la sussistenza di un rapporto tra l'organizzazione mafiosa e gli amministratori dell'ente considerato infiltrato” (Cons. St., sez. III, 10 gennaio 2018, n. 96; id. 7 dicembre 2017, n. 5782).
“Essa, dunque, ha eminentemente finalità di salvaguardia dell’amministrazione pubblica di fronte alla pressione e all’influenza della criminalità organizzata, trovando dunque giustificazione i margini, particolarmente ampi, della potestà di apprezzamento di cui fruisce l'Amministrazione e la possibilità di dare peso anche a situazioni non traducibili in addebiti personali, ma tali da rendere plausibile, nella concreta realtà contingente e in base ai dati dell'esperienza, l'ipotesi di una possibile soggezione degli amministratori alla criminalità organizzata, quali i vincoli di parentela o di affinità, i rapporti di amicizia o di affari, le notorie frequentazioni, ecc..”.
Infatti, “lo scioglimento dell’organo elettivo si connota quale misura di carattere straordinario per fronteggiare un’emergenza straordinaria; di conseguenza sono giustificati margini ampi nella potestà di apprezzamento dell’Amministrazione nel valutare gli elementi su collegamenti diretti o indiretti, non traducibili in singoli addebiti personali, ma tali da rendere plausibile il condizionamento degli amministratori, anche quando, … il valore indiziario dei dati non è sufficiente per l’avvio dell’azione penale, essendo assi portanti della valutazione di scioglimento, da un lato, l’accertata o notoria diffusione sul territorio della criminalità organizzata e, dall’altro, le precarie condizioni di funzionalità dell’ente in conseguenza del condizionamento criminale. L’art. 143, d.lgs. n. 267 del 2000 delinea, in sintesi, un modello di valutazione prognostica in funzione di un deciso avanzamento del livello istituzionale di prevenzione, con riguardo ad un evento di pericolo per l’ordine pubblico quale desumibile dal complesso degli effetti derivanti dai “collegamenti” o dalle “forme di condizionamento” in termini di compromissione della “libera determinazione degli organi elettivi, del “buon andamento delle amministrazioni” nonché del “regolare funzionamento dei servizi”, ovvero in termini di “grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica”: perciò, anche per “situazioni che non
rivelino né lascino presumere l’intenzione degli amministratori di assecondare gli interessi della criminalità organizzata”, giacché, in tal caso, sussisterebbero i presupposti per l'avvio dell'azione penale o, almeno, per l'applicazione delle misure di prevenzione a carico degli amministratori, mentre la scelta del legislatore è stata quella di non subordinare lo scioglimento del consiglio comunale né a tali circostanze né al compimento di specifiche illegittimità (Cons. St., sez. V, 15 luglio 2005, n. 3784; id., sez. IV, 10 marzo 2004, n. 1156)”.
Così ricostruito l’istituto, deve ritenersi che l’apprezzamento giudiziale svolto dal giudice di prime cure – pur formalmente richiamando l’orientamento ermeneutico della Sezione – ha finito con il costituire una estrapolazione di singoli fatti ed episodi dal contesto, operando un’operazione per così dire ‘al contrario, rispetto alla complessa ricostruzione effettuata dall’Amministrazione, arrivando a delibare l’illegittimità dei provvedimenti gravati.
Ciò facendo il primo giudice, in vero, ha perso di vista la ricostruzione d’insieme nel quale trovano significato i vari elementi posti a conferma e presupposto della misura, in presenza di un fenomeno di criminalità organizzata diffuso nel territorio di riferimento.
In sede giurisdizionale, diversamente da quanto ritenuto dal primo giudice, non è necessario un puntiglioso accertamento di ogni singolo episodio, più o meno in sé rivelatore della volontà degli amministratori di assecondare gli interessi della criminalità organizzata, né delle responsabilità personali, anche penali, di questi ultimi (Cons. St., Sez. III, 6 marzo 2012, n. 1266). Per continuare la lettura vai alla sentenza.
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