Sunday 01 October 2017 07:39:25
Giurisprudenza Patto di Stabliità, Bilancio e Fiscalità
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della deliberazione della Corte dei Conti Sezione di controllo Friuli Venezia Giulia
Quesito:
Un Comune ha formulato alla Corte dei Conti un quesito in materia di valorizzazione di aree urbane edificate.
In particolare, dopo aver fornito una descrizione della situazione che lo riguarda, con precipuo riferimento ad una serie di piani di zona approvati negli anni 80-90 ai sensi della legge n.167/1962, l’Ente richiedente rappresenta di aver stipulato le convenzioni di cessione a privati degli immobili costruiti ai sensi della predetta legge prevedendo espressamente, nel testo di dette convenzioni, i vincoli disciplinati dai commi 15-16-17-18-19 dell’art.35 della legge n.865/1971.
Come specificato dal Comune, tali clausole sono state previste anche nelle convenzioni stipulate dopo l’entrata in vigore dell’art.23, co.2, della legge n.179/92 che ha abrogato i commi 15-16-17-18-19 dell’art.35 della legge n.865/1971.
Alla luce di quanto sopra, il Comune di San Vito al Tagliamento pone un quesito volto a sapere se in caso di vendita degli immobili edificati sulle aree oggetto di convenzione, posto che in tutti i casi è decorso il termini di venti anni dal rilascio del certificato di abitabilità, permanga ancora l’obbligo di corrispondere a favore del Comune che a suo tempo ha ceduto l’area “la somma corrispondente alla differenza del valore di mercato dell’area al momento dell’alienazione e il prezzo di acquisizione a suo tempo corrisposto, rivalutato sulla base della variazione dell’indice dei prezzi all’ingrosso calcolato dall’istituto centrale di statistica”, come previsto dall’abrogato art.35, co.17, della L.865/71, nonché delle convenzioni di cessione a privati stipulate dal Comune.
Parere:
Per quel che riguarda i Piani di Edilizia Economica Popolare (c.d. “PEEP”), va segnalato che la loro previsione è avvenuta con la legge 18 aprile 1962, n.167 (recante “disposizioni per favorire l'acquisizione di aree fabbricabili per l'edilizia economica e popolare”).
Con tale legge, si è provveduto a fornire all’Ente pubblico gli strumenti concreti per programmare gli interventi nel settore della casa e per incidere, tramite questi, sull’assetto del territorio urbano, anche al fine di ridimensionare il fenomeno della speculazione fondiaria e immobiliare.
Con tale legge si è quindi provveduto ad indirizzare lo sviluppo edilizio verso un maggior impiego di edilizia economica e popolare, da realizzarsi tramite l’utilizzo dei “piani di zona” riguardanti aree espropriate.
Per la prima volta, infatti, con tale legge si è prevista l’utilizzazione dell’esproprio non solo per i terreni destinati a fini pubblici, ma anche per quelli da destinarsi a uso residenziale, stabilendo un’indennità di esproprio ancorata al valore che le aree avevano sul mercato due anni prima dell’adozione del piano PEEP (e quindi, generalmente, inferiore al valore di mercato).
Ciò è stato previsto per consentire ai Comuni (e agli Enti, Istituti e cooperative per la costruzione di case popolari, a cui eventualmente potevano essere assegnati i terreni edificabili) di acquisire ad un costo relativamente contenuto aree site in prossimità del tessuto urbano, dotandole di tutti i servizi sociali necessari, come individuati nel progetto relativo al piano di zona approvato.
Da notare che i proventi ottenuti dalla cessione agli assegnatari delle aree e degli alloggi realizzati in regime PEEP risultano essere entrate vincolate, in quanto i Comuni erano tenuti a reimpiegarli nell’acquisto di altre aree e nella costruzione di servizi.
In concreto, il meccanismo sopra descritto, così come previsto dalla legislazione nazionale e regionale per tutti i Piani Urbanistici, prevedeva il reperimento all’interno delle aree PEEP di idonee superfici (c.d. “standards”) da destinare a servizi pubblici (in particolare con funzioni di verde e parcheggi pubblici) quale presupposto necessario per rendere edificabile il comparto.
Le convenzioni stipulate ai sensi dell'art. 35 della legge n. 865/1971, conseguentemente, ponevano a carico del soggetto attuatore il pagamento di una somma a fronte dell'acquisizione sia dell’area destinata all'edificazione (la cosiddetta superficie fondiaria - “SF”) concessa in diritto di superficie, sia dell'area destinata a standards di Piano (destinata a permanere nella piena proprietà pubblica). La somma delle due aree costituisce la cosiddetta superficie territoriale – “ST”.
II. Venendo ora ad esaminare in concreto il quesito che è alla base del presente motivato avviso, va rilevato che la norma di interesse è contenuta nell’art.35 della legge 22 ottobre 1971, n.865.
Con tale norma sono state effettuate alcune modifiche alla legge 18 aprile 1962, n. 167, prevedendo in particolare che:
- le aree comprese nei piani approvati a norma della legge 18 aprile 1962, n. 167, sono espropriate dai Comuni o dai loro Consorzi ed entrano in questa maniera nel patrimonio indisponibile dell’ente espropriante;
- su tali aree il Comune o il Consorzio concede il diritto di superficie per la costruzione di case di tipo economico e popolare e dei relativi servizi urbani e sociali;
- la concessione del diritto di superficie ad Enti pubblici per la realizzazione di impianti e servizi pubblici è a tempo indeterminato; in tutti gli altri casi ha una durata non inferiore ad anni 60 e non superiore ad anni 99;
- l’istanza per ottenere la concessione è diretta al Sindaco o al Presidente del Consorzio, tra più istanze concorrenti è data la preferenza a quelle presentate da Enti pubblici istituzionalmente operanti nel settore della edilizia economica e popolare e da cooperative edilizie a proprietà indivisa;
- la concessione è deliberata dal Consiglio comunale o dall'assemblea del Consorzio. Con la stessa delibera viene determinato il contenuto della convenzione da stipularsi, per atto pubblico, da trascriversi presso il competente ufficio dei registri immobiliari, tra l'Ente concedente ed il richiedente.
Particolarmente significativa è la disposizione contenuta nel comma 8 dell’articolo in commento, che regola il contenuto delle convenzioni, le quali devono prevedere:
a) il corrispettivo della concessione e le modalità del relativo versamento, determinati dalla delibera di cui al settimo comma con l'applicazione dei criteri previsti dal dodicesimo comma;
b) il corrispettivo delle opere di urbanizzazione da realizzare a cura del Comune o del Consorzio, ovvero, qualora dette opere vengano eseguite a cura e spese del concessionario, le relative garanzie finanziarie, gli elementi progettuali delle opere da eseguire e le modalità del controllo sulla loro esecuzione, nonché i criteri e le modalità per il loro trasferimento ai Comuni od ai Consorzi;
c) le caratteristiche costruttive e tipologiche degli edifici da realizzare;
d) i termini di inizio e di ultimazione degli edifici e delle opere di urbanizzazione;
e) i criteri per la determinazione e la revisione periodica dei canoni di locazione, nonché per la determinazione del prezzo di cessione degli alloggi, ove questa sia consentita;
f) le sanzioni a carico del concessionario per l'inosservanza degli obblighi stabiliti nella convenzione ed i casi di maggior gravità in cui tale inosservanza comporti la decadenza dalla concessione e la conseguente estinzione del diritto di superficie;
g) i criteri per la determinazione del corrispettivo in caso di rinnovo della concessione, la cui durata non può essere superiore a quella prevista nell'atto originario.
Secondo le previsioni di legge, le aree di cui al secondo comma, destinate alla costruzione di case economiche e popolari, sono concesse in diritto di superficie, ai sensi dei commi precedenti, o cedute in proprietà a cooperative edilizie e loro Consorzi, ad imprese di costruzione e loro consorzi ed ai singoli, con preferenza per i proprietari espropriati ai sensi della legge in commento, sempre che questi abbiano i requisiti previsti dalle vigenti disposizioni per l'assegnazione di alloggi di edilizia agevolata.
Inoltre, lo stesso articolo provvede a fornire una serie di indicazione per i corrispettivi delle concessioni in superficie e per i prezzi delle aree cedute in proprietà stabilendo che, nel loro insieme, devono assicurare la copertura delle spese sostenute dal Comune o dal Consorzio per l'acquisizione delle aree comprese in ciascun piano approvato a norma della legge 18 aprile 1962, n. 167 (indicazioni più dettagliate sono contenute nel comma 12 dell’art.35).
Contestualmente all'atto della cessione della proprietà dell'area, tra il Comune (o il Consorzio) e il cessionario, viene stipulata una convenzione per atto pubblico, con l'osservanza delle disposizioni di cui all'articolo 8, commi primo, quarto e quinto, della legge 28 gennaio 1977, n. 10, la quale, oltre a quanto stabilito da tali disposizioni, deve prevedere: a) gli elementi progettuali degli edifici da costruire e le modalità del controllo sulla loro costruzione; b) le caratteristiche costruttive e tipologiche degli edifici da costruire; c) i termini di inizio e di ultimazione degli edifici; d) i casi nei quali l'inosservanza degli obblighi previsti dalla convenzione comporta la risoluzione dell'atto di cessione.
Per quel che riguarda il regime di trasferibilità degli alloggi così costruiti, i commi 15-16-17-18-19 dell’art.35 hanno provveduto a fornire una specifica disciplina prevedendo che:
A) l'alloggio costruito su area ceduta in proprietà non può essere alienato a nessun titolo, né su di esso può costituirsi alcun diritto reale di godimento per un periodo di tempo di 10 anni dalla data del rilascio della licenza di abitabilità;
B) decorso tale periodo di tempo, l'alienazione o la costituzione di diritti reali di godimento può avvenire esclusivamente a favore di soggetti aventi i requisiti per la assegnazione di alloggi economici e popolari, al prezzo fissato dall'ufficio tecnico erariale, tenendo conto dello stato di conservazione della costruzione, del valore dell'area su cui essa insiste, determinati ai sensi del precedente art. 16 e prescindendo dalla loro localizzazione, nonché del costo delle opere di urbanizzazione posto a carico del proprietario;
C) dopo 20 anni dal rilascio della licenza di abitabilità, il proprietario dell'alloggio può trasferire la proprietà a chiunque o costituire su di essa diritto reale di godimento, con l'obbligo di pagamento a favore del Comune o Consorzio di Comuni, che a suo tempo ha ceduto l'area, della somma corrispondente alla differenza tra il valore di mercato dell'area al momento dell'alienazione ed il prezzo di acquisizione a suo tempo corrisposto, rivalutato sulla base delle variazioni dell'indice dei prezzi all'ingrosso calcolato dall'Istituto centrale di statistica. Detta differenza è valutata dall'ufficio tecnico erariale ed è riscossa all'atto della registrazione del contratto dal competente ufficio del registro, che provvede a versarla al Comune o Consorzio di Comuni. La somma è destinata all'acquisto di aree per la costruzione di case economiche e popolari;
D) l'alloggio costruito su area ceduta in proprietà può essere dato in locazione, sino a che non sia stata pagata a favore del Comune o Consorzio di Comuni la somma di cui sopra, esclusivamente a soggetti aventi i requisiti per l'assegnazione di alloggi economici e popolari, al canone fissato dall'ufficio tecnico erariale secondo i criteri di cui all’articolo in commento. Il versamento della somma può essere effettuato, decorso il termine di 20 anni, direttamente dal proprietario, al Comune o Consorzio di Comuni, indipendentemente dal trasferimento della proprietà dell'alloggio.
E) gli atti compiuti in violazione delle disposizioni contenute nei quattro precedenti commi sono nulli. Detta nullità può essere fatta valere dal Comune o da chiunque altro vi abbia interesse e può essere rilevata d'ufficio dal giudice.
Con l’art.23 della legge 17 febbraio 1992, n.179, i commi 15-19 dell’art.35 della legge n.865/1971 sono stati abrogati.
Su tale vicenda, è stata chiamata a pronunciarsi la Corte costituzionale che con l’ordinanza 28 ottobre 2006, n.463, ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 23, comma 2, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 42 della Costituzione, non essendo stati rilevati motivi in ordine alla non manifesta infondatezza della questione (da notare che secondo il giudice remittente, la norma impugnata, abrogando i commi dal quindicesimo al diciannovesimo dell' art. 35 della legge n. 865 del 1971, ha eliminato i vincoli temporali stabiliti per la cessione degli alloggi oggetto della norma, con conseguente insussistenza dell'obbligo del proprietario di corrispondere al Comune la citata somma, nel caso di alienazione dell'immobile anteriormente al termine dalla stessa fissato; sempre ad avviso del rimettente, inoltre, l'abrogazione di detti divieti, disposta «con effetto ex nunc», comporterebbe comunque la cessazione dell'efficacia delle clausole contrattuali che li riportano, indipendentemente dal fatto che la Convenzione sia stata stipulata prima dell'entrata in vigore della legge abrogativa; tale ricostruzione è stata tuttavia ritenuta inammissibile dal Giudice delle Leggi che ha rilevato l’assenza di motivazione relativamente al requisito di procedibilità rappresentato dalla “non manifesta infondatezza” della questione sollevata).
III. Sulla questione dei vincoli connessi al successivo trasferimento degli immobili costruiti in regime PEEP ha avuto più volte di pronunciarsi anche la giurisprudenza civile, anche se con orientamenti ondivaghi e non sempre coerenti.
Sul punto connesso al mantenimento dei vincoli fissati dall’art.35 della legge n.865/1971, ha avuto recentemente modo di esprimersi la Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza 16 settembre 2015, n.18135.
Con tale decisione resa in funzione nomofilattica (relativa alla specifica problematica dell’estensione del vincolo del prezzo massimo di cessione dell’immobile costruito in regime di edilizia agevolata anche ai successivi subacquirenti e non solo al concessionario), i Giudici di legittimità hanno avuto modo di affrontare in generale la problematica del mantenimento dei vincoli connessi alle convenzioni stipulate ai sensi dell’art.35 della legge n.865/1971, riconoscendo che i vincoli in parola non sono soppressi automaticamente a seguito del venir meno del divieto di alienare ma, in assenza di convenzione ad hoc, seguono il bene nei successivi passaggi a titolo di “onere reale con naturale efficacia indefinita” e sono quindi opponibile anche ai subacquirenti.
IIII. Alla luce di quanto detto, quindi, la Sezione ritiene di dover confermare il mantenimento dei vincoli contenuti nelle convenzioni stipulate dal Comune richiedente,
Ciò sulla base di due ordini di argomentazioni: in primo luogo, in quanto discendenti direttamente dalla legge vigente al tempo della stipula delle convenzioni (tempus regit actum), per cui l’intervenuta abrogazione delle norme vincolistiche troverebbe applicazione soltanto per le convenzioni redatte successivamente a tale intervento normativo, lasciando inalterata la natura imperativa delle norme in questione fino all’abrogazione contenuta nella legge n.179/1992; in secondo luogo, in quanto contenuti nel testo delle convenzioni sottoscritte dai privati assegnatari di alloggi, sia prima che dopo l’abrogazione operata dall’art.23 della legge n.179/1992. In questo secondo caso, infatti, a venire in rilievo è l’autonomia privata dei cittadini che con la loro sottoscrizione hanno accettato l’intero testo della convenzione, inclusa la presenza di vincoli non più discendenti dalla legge bensì dalla volontà delle parti.
Oltre a ciò, la Sezione rileva che, in caso di successivo trasferimento, il mantenimento “dell'obbligo di pagamento a favore del Comune o Consorzio di Comuni, che a suo tempo ha ceduto l'area, della somma corrispondente alla differenza tra il valore di mercato dell'area al momento dell'alienazione ed il prezzo di acquisizione a suo tempo corrisposto, rivalutato sulla base delle variazioni dell'indice dei prezzi all'ingrosso calcolato dall'Istituto centrale di statistica” consente altresì di evitare indebite speculazioni, come del resto evidenziato anche nella citata sentenza Cass. SS.UU. 16 settembre 2015, n.18135.
Nell’evitare indebite locupletazioni da parte dei privati, peraltro, la Sezione non può non evidenziare che le somme così introitate dal Comune non potranno essere impiegate per il sostenimento delle spese generali, ma dovranno mantenere il vincolo di destinazione previsto dalla norma di cui all’art.35, co.17, della legge 22 ottobre 1971, n.865, in base alla quale la somma riscossa dal comune “…è destinata all'acquisto di aree per la costruzione di case economiche e popolari”.
Conclusivamente, pertanto, alla luce di quanto sopra esposto, va rilevato che le limitazioni al trasferimento di immobili PEEP contenuti nei commi 15, 16, 17, 18, 19 dell’art.35 della legge 22 ottobre 1971, n.865, continuano ad applicarsi per tutte le convenzioni stipulate fino all’entrata in vigore dell’art.23 della legge n.179/1992 nonché per quelle convenzioni che, anche dopo tale intervento normativo, hanno provveduto a riproporre espressamente nel testo i limiti in questione. Le somme che l’Ente andrà ad incassare in forza di dette previsioni non potranno essere destinate al sostenimento di spese generali ma dovranno necessariamente rispettare il vincolo di destinazione previsto dalla norma ed essere reimpiegate nell’acquisto di aree per l’acquisto di case economiche e popolari.
Per approfondire scarica la deliberazione della Corte dei Conti.
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