Sunday 12 October 2014 08:32:42
Giurisprudenza Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della deliberazione della Corte dei Conti Sezione di controllo della regione Friuli Venezia Giulia n. 159/2014/PAR del 7.10.2014
Il Comune di Pordenone ha formulato alla Sezione una richiesta di motivato avviso in materia di corretta interpretazione del dettato normativo del comma 6 dell’art. 19 del Testo unico sul rapporto di p.i. di cui al D.Lgs. n. 165/2001 e s m. e i. in vista del conferimento di un incarico dirigenziale a tempo determinato.Ha ritenuto la Corte dei Conti di dover preliminarmente procedere a un inquadramento sistematico della disciplina sul conferimento degli incarichi a contratto negli Enti locali, anche a fini di utilità generale per la platea degli Enti potenzialmente interessati a conoscere l’avviso interpretativo della Sezione sulle tematiche di che trattasi.Come noto, gli incarichi a contratto nelle Autonomie territoriali sono regolamentati dall’art. 110 del TUEL (D. Lgs. n.267/2000).I detti incarichi possono avere a oggetto anche il conferimento di funzioni dirigenziali a soggetti che non abbiano con l’ente un rapporto di lavoro a tempo indeterminato in virtù di un criterio di attribuzione fondato sull’ “intuitus personae”.Al di fuori della dotazione organica della dirigenza o dell’area direttiva, per gli enti in cui tale dotazione è comunque prevista, possono essere conferiti, con contratto a tempo determinato, incarichi per i soli dirigenti e le alte specializzazioni (art.110, comma 2, 1° periodo). In questi casi, gli incarichi così conferibili non possono superare il 5% del totale della dotazione organica “della dirigenza e dell’area direttiva” ( vd. art.110, comma 2, 2° periodo).Per gli Enti di piccole dimensioni possono essere stipulati, al di fuori della dotazione organica dell’ente, contratti a tempo determinato “di dirigenti, alte specializzazioni o funzionari dell’area direttiva, fermi restando i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire” (art.110, comma 2, 3° periodo). Tali contratti sono stipulati in misura complessivamente non superiore al 5% della dotazione organica dell’ente. Infine, per gli enti con dotazione inferiore alle 20 unità è consentito il conferimento di un solo incarico.Tutti gli Enti presi in considerazione dal secondo comma dell’art. 110 del TUEL devono procedere a stabilire limiti, criteri e modalità di stipula dei relativi contratti in sede di adozione del Regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi.Tale surrichiamata disciplina non trova più nel TUEL la propria fonte esclusiva, posto che puntuali norme sono state inserite nel già citato D.Lgs. n. 165/2001, nonché in disposizioni di carattere ordinamentale recate da varie leggi finanziarie.In particolare, talune disposizioni dell’art. 19 del D. Lgs. n. 165/2001 sono state espressamente estese alle Amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, e quindi anche ai Comuni e alle Province, già in forza dell’intervento interpretativo fornito dalla Corte costituzionale con la decisione n. 324/2010.Detta estensione è stata poi normativizzata a opera del comma 6-ter dell’art. 19, introdotto dall’art. 40, comma 1, lett. f) del D.Lgs. n. 150/2009.In particolare, per quel che qui interessa, il comma 6 dell’articolo 19 citato prevede che gli incarichi dirigenziali di cui ai precedenti commi da 1 a 5 “ sono conferiti, fornendone esplicita motivazione, a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell’Amministrazione, che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali, o che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche e da concrete esperienze di lavoro maturate per almeno un quinquennio, anche presso amministrazioni statali, ivi comprese quelle che conferiscono gli incarichi, in posizioni funzionali previste per l’accesso alla dirigenza, o che provengano dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato.(…)”.Ricordato che talune questioni riconducibili ai rapporti tra l’art. 110 TUEL e l’art. 19-commi 6 e 6 bis- del D.Lgs. n. 165/2001 sono state scrutinate dalle Sezioni riunite di questa Corte con le delibere nn. 12-13-14/CONTR/11, tutte dell’8 febbraio 2011, conviene affrontare nello specifico il quesito inerente al possesso del diploma di laurea quale requisito necessario ai fini del conferimento dell’incarico di che trattasi.Riferisce l’Ente istante che, a una lettura testuale, parrebbero distinguersi all’interno del comma 6, due ipotesi, delle quali la prima sembrerebbe ammettere il conferimento di incarichi a “persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell’Amministrazione, che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali”; mentre la seconda lo prevederebbe per i soggetti “che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria”.Nella prima, sostiene l’Ente, non verrebbe fatto alcun riferimento al possesso di una formazione universitaria (diploma di laurea), supponendosi che l’affidamento possa avvenire anche a favore di soggetti non laureati, purché sussistano gli altri requisiti.Accedendo a tale interpretazione, dovrebbe ritenersi operante una deroga rispetto alla disciplina generale sui requisiti necessari per l’accesso alle qualifiche dirigenziali, recata dall’art. 28, comma 2, del D.Lgs. 165/2001, non riguardando il citato comma 6 dell’art. 19 procedure concorsuali pubblicistiche per l’accesso al pubblico impiego.La riferita opzione ermeneutica si fonderebbe sull’assunto secondo cui la qualificazione professionale, particolare e comprovata, acquisibile “sul campo” per il fatto di aver svolto funzioni dirigenziali in organismi o enti o aziende pubblici o privati per almeno un quinquennio, costituirebbe requisito professionale alternativo rispetto alla particolare “specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria”.Tale tesi, tuttavia, non è stata ritenuta condivisibile da pacifica e consolidata giurisprudenza di questa Magistratura contabile, formatasi sia in sede consultiva (vd. ex plurimis sez. reg.le Basilicata, delib. n. 29/2011/PAR) che in sede di controllo di legittimità (cfr. sez. controllo di legittimità su atti del Governo delib. n. 3/2003 e sez. del controllo di legittimità su atti del Governo e delle Amm.ni dello Stato n. 2/2005/P).A tale conclusione si è pervenuti in base a una lettura non solo “testuale”, ma altresì sistematica del richiamato comma 6, secondo cui il requisito del possesso del diploma di laurea costituisce requisito essenziale per l’accesso alle qualifiche dirigenziali nel rapporto di lavoro alle dipendenze delle Amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, co. 2, del D.Lgs. n. 165/2001, trattandosi di un requisito di base e necessariamente propedeutico, come si evince dalla lettura del necessariamente correlato art. 28 successivo, che disciplina l’accesso alla qualifica dirigenziale.Né tale piana interpretazione può subire eccezioni allorché il conferimento dell’incarico provenga da un Ente Locale con contratto a termine (giusta il combinato disposto dell’art. 110 TUEL e del comma 6 dell’art. 19 D. Lgs. n. 165/2001), ipotesi nella quale, anzi, l’accesso alla dirigenza è consentito dal comma 6 a soggetti particolarmente qualificati che, oltre al requisito di base del titolo di studio, posseggano alternativamente uno o più degli ulteriori requisiti di specifica preparazione ed esperienza professionale.E’ stato infatti affermato che “le previsioni normative in esame non sono sostitutive del requisito di base del possesso della laurea, ma sono aggiuntive, nel senso che, purché in possesso del diploma di laurea, i soggetti che siano dotati di uno dei requisiti delineati nell’art. 19, comma 6, possono ottenere un incarico dirigenziale temporaneo” (vd. sez. reg.le Lombardia delib. n. 504/2011 e, già in precedenza alla novella normativa recata dall’art. 40 del D.Lgs. n. 150/2009, delib. n. 20/2006).Peraltro, come ricordato, a identiche conclusioni era pervenuta la giurisprudenza di legittimità di questa Magistratura contabile ancor prima dell’estensione della disposizione dell’originario comma 6 alle Autonomie locali, pervenendo alla ricusazione del visto a un provvedimento di nomina a dirigente di seconda fascia di un soggetto esterno al ruolo dirigenziale dell’Amministrazione per difetto del titolo adeguato di studio( vd. delib. n. 3/2003 della Sez. centrale di legittimità su atti del Governo).Osservava la Sezione che, “a tacere che il richiamo contenuto nell’art. 19, c. 6, alla
Deliberazione
REPUBBLICA ITALIANA
la
CORTE DEI CONTI
Sezione di controllo della regione Friuli Venezia Giulia
II Collegio
composto dai seguenti magistrati:
PRESIDENTE:dott. Carlo CHIAPPINELLI
CONSIGLIERE:dott. Giovanni BELLAROSA
PRIMO REFERENDARIO: dott.ssa Oriella MARTORANA (relatore)
Deliberazione del 24 luglio 2014.
Comune di Pordenone. Motivato avviso in tema di requisiti per il conferimento diincarichi dirigenziali ai sensi dell’art. 19 - comma 6 - D.Lgs. n. 165/2001
*****
VISTO l’articolo 100, comma 2, della Costituzione;
VISTA la legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 e successive modifiche ed integrazioni (Statuto speciale della Regione Friuli Venezia Giulia);
VISTA la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, recante “Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione”;
VISTO il testo unico delle leggi sull’ordinamento della Corte dei conti, approvato con regio decreto 12 luglio 1934 n. 1214, e successive modificazioni ed integrazioni;
VISTA la legge 14 gennaio 1994, n. 20 recante disposizioni in materia di giurisdizione e di controllo della Corte dei conti e successive modifiche e integrazioni;
VISTO l’art. 33, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 25 novembre 1975, n. 902, così come modificato dall’art. 3 del decreto legislativo 15 maggio 2003, n. 125, secondo cui la Sezione di controllo della Corte dei conti della regione Friuli Venezia Giulia, a richiesta dell’amministrazione controllata, può rendere motivati avvisi sulle materie di contabilità pubblica;
VISTO l’art. 17, comma 31, del D.L. 1 luglio 2009, n. 78, convertito nella Legge 3 agosto 2009, n, 102;
VISTA la deliberazione n. 9/SEZAUT/2009 del 4 giugno 2009 recante “Modifiche ed integrazioni degli indirizzi e criteri generali per l’esercizio dell’attività consultiva da parte delle Sezioni regionali di controllo”;
VISTO l’art. 12 del Regolamento per l’organizzazione ed il funzionamento della Sezione, adottato con le deliberazioni n. 2/Sez.Pl./2004 e n. 5/Sez.Pl./2004 e da ultimo modificato con la deliberazione n. 232/Sez.Pl./2011, ai sensi dell’art. 37 del decreto del Presidente della Repubblica 25 novembre 1975 n. 902, sostituito dall’art. 7 del D. Lgs. 125/2003;
VISTA la deliberazione n. 4/Sez.Pl./2004, come modificata dalla deliberazione n.19/Sez.Pl./2004, e successivamente aggiornata dalla deliberazione n. 27/Sez.Pl./2007 che stabilisce le modalità, i limiti ed i requisiti di ammissibilità dell’attività consultiva della Sezione;
VISTA la deliberazione della Sezione Plenaria n. 2/2014/INPR del 16 gennaio 2014 con la quale è stato approvato il programma delle attività di controllo della Sezione per l’anno 2014;
VISTE le ordinanze presidenziali n. 1/2014 del 16 gennaio 2014,n. 8 del 17 febbraio 2014, n. 25 del 15 maggio 2014 e n. 31 del 18 giugno 2014, relative alle competenze ed alla composizione dei Collegi della Sezione;
VISTA la richiesta di motivato avviso inoltrata dal Comune di Pordenone con nota prot. n. 46715 del 3 luglio 2014, acquisita in data 4 luglio 2014 al protocollo n. 2605 della Sezione,a firma del Sindaco, avente ad oggetto un quesito in materia di requisiti necessari per il conferimento di incarichi dirigenziali a tempo determinato, con particolare riguardo al possesso del necessario titolo di studio richiesto dalla normativa;
VISTA l’ordinanza presidenziale n. 42 dell’8 luglio 2014 con la quale, ai sensi dell’art. 12 del Regolamento per l’organizzazione e il funzionamento della Sezione, delibata l’ammissibilità della richiesta medesima, e fatte comunque salve le ulteriori, più puntuali valutazioni del Collegio in ordine ai quesiti posti, la questione è stata deferita all’attuale II Collegio ed è statoindividuato il Primo Referendario Oriella Martorana quale magistrato incaricato della relativa istruttoria;
VISTA l’ordinanza presidenziale n. 44 del 21 luglio 2014 con la quale è stato convocato il II Collegio per il giorno 24 luglio 2014, presso la sede della Sezione, per la discussione dei temi relativi all’emanando motivato avviso;
UDITO nella Camera di consiglio del 24 luglio 2014 il relatore, Primo ReferendarioOriella Martorana;
Premesso
Con la nota indicata in epigrafe l’Ente ha formulato alla Sezione una richiesta di motivato avviso in materia di corretta interpretazione del dettato normativo del comma 6 dell’art. 19 del Testo unico sul rapporto di p.i. di cui al D.Lgs. n. 165/2001 e s m. e i. in vista del conferimento di un incarico dirigenziale a tempo determinato.
Sui requisiti di ammissibilità soggettiva ed oggettiva della richiesta di motivato avviso.
E’ opportuno in via preliminare precisare che le richieste di motivato avviso rivolte alla Sezione regionale di controllo per il Friuli Venezia Giulia trovano il loro fondamento nell’art. 33, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 25 novembre 1975, n. 902, così come modificato dall’art. 3 del decreto legislativo 15 maggio 2003, n. 125, secondo cui la Sezione di controllo, a richiesta dell’amministrazione controllata, può rendere motivati avvisi sulle materie di contabilità pubblica.
Prima ancora dell’esame del merito delle richieste di motivato avviso, le Sezioniregionali di controllo della Corte dei Conti ne verificano l’ammissibilità sia sotto il profilo soggettivo (legittimazione dell’organo richiedente), sia sotto quello oggettivo (attinenza del quesito alla materia della contabilità pubblica).
Ai fini della sussistenza dei requisiti di ammissibilità soggettiva questa Sezione, in composizione plenaria, nella delibera n. 18/Sez. Pl. del 12 ottobre 2004 ha precisato che l’ambito soggettivo della attività consultiva da essa espletabile è determinato dall’articolo 3, comma 1, del d.lgs. 15 maggio 2003, n. 125, che individua le Amministrazioni nei confronti delle quali la Sezione medesima esplica le attività di controllo sulla gestione.
Tra queste rientrano la Regione e i suoi enti strumentali, gli Enti locali territoriali e i loro enti strumentali, nonché le altre Istituzioni pubbliche di autonomia aventi sede nella regione.
Sempre in relazione al profili dell’ammissibilità soggettiva, si osserva che il soggetto legittimato a rivolgere alla Sezione richiesta di motivato avviso è individuato nell’organo di vertice dell’Ente ai sensi del D.Lgs. n. 267/2000 - che per il Comune è il Sindaco - e nel caso di specie la richiesta è da considerarsi ammissibile in quanto proveniente da tale Organo.
Passando a considerare i profili di ammissibilità oggettiva, la Sezione osserva che l’art. 33, comma 4, del sopracitato decreto del Presidente della Repubblica n. 902/1975 e s.m.e i.circoscrive i pareri che questa Sezione può esprimere alle materie della contabilità pubblica.
La Sezione medesima, con la delibera n. 27/Sez. Pl. del 5 ottobre 2007, è nuovamente intervenuta sulla materia già oggetto delle precedenti deliberazioni nn. 18/Sez.Pl./2004 e19/Sez.Pl./2004, fissando i requisiti di ammissibilità delle richieste di motivato avviso eprecisando che “le materie di contabilità pubblica sulle quali può esplicarsi l’attività consultiva della Sezione sono quelle tematiche in relazione alle quali essa ritiene di poter utilmente svolgere quella funzione di affermazione di principi attinenti la regolarità contabile e la corretta e sana gestione finanziaria che costituiscono l’essenza del suo ordinario controllo”.
Nella citata delibera sono stati indicati gli ulteriori requisiti di ammissibilità oggettiva,costituiti dall’inerenza della richiesta a questioni:
non astratte e/o di interesse generale;
relative a scelte amministrative future e non ancora operate;
per le quali non è pendente un procedimento presso la Procura regionale della Corte dei Conti;
per le quali non è pendente un giudizio avanti ad organi giurisdizionali di qualsiasi ordine;
per le quali non è pendente una richiesta di parere ad altre autorità od organismi pubblici;
di cui sia stata data notizia all’organo di revisione economica e finanziaria o, se esistenti, agli uffici di controllo interno.
Sul quadro ordinamentale come sopra delineato è intervenuto il legislatore statale con le previsioni dell’art. 17, comma 31, del D.L. n. 78 del 2009 citato in premessa, il quale ha assegnato alle Sezioni riunite di questa Corte dei conti un potere di indirizzo interpretativo nei confronti delle Sezioni regionali di controllo, competenti a rendere pareri in materia di contabilità pubblica, e ciò con la finalità, anch’essa fatta oggetto di espressa previsione legislativa, di garantire la coerenza dell’unitaria attività svolta dalla Corte dei conti per le funzioni che ad essa spettano in materia di coordinamento della finanza pubblica.
A seguito dell’attivazione della surricordata competenza, le Sezioni riunite sono intervenute, con la delibera n. 54/CONTR/10 del 17 novembre 2010, a tracciare le linee fondamentali della nozione di contabilità pubblica strumentale all’esercizio della funzione consultiva.
Quest’ultima risulta circoscritta alle normative e ai relativi atti applicativi che disciplinano in generale l’attività finanziaria che precede o che segue i distinti interventi di settore, nel quadro di obiettivi di contenimento della spesa sanciti dai principi di coordinamento della finanza pubblica, idonei a ripercuotersi, oltre che sulle modalità di utilizzo delle risorse pubbliche, anche sulla sana gestione finanziaria dell’ente e sui pertinenti equilibri di bilancio, in una visione dinamica dell’accezione che sposta l’angolo visuale dal tradizionale contesto della gestione del bilancio a quella dei relativi equilibri.
La richiamata funzione di nomofilachia è stata inoltre riconosciuta ed estesa in capo alla Sezione delle Autonomie dall’art. 6,comma 4, del D.L. n. 174/2012, come convertito in L. n. 213/2012, il quale prevede che “ In presenza di interpretazioni discordanti delle norme rilevanti per l' attività di controllo o consultiva o per la risoluzione di questioni di massima di particolare rilevanza, la Sezione delle autonomie emana delibera di orientamento alla quale le Sezioni regionali di controllo si conformano. Resta salva l'applicazione dell'articolo 17, comma 31, del decreto-legge 1° luglio 2009, n.78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, nei casi riconosciuti dal Presidente della Corte dei conti di eccezionalerilevanza ai fini del coordinamento della finanza pubblica ovvero qualora si tratti di applicazione di norme che coinvolgono l' attività delle Sezioni centrali di controllo”.
Tanto premesso, la Sezione rileva che la richiesta di parere concerne la materia della contabilità pubblica giusta l’interpretazione in tal senso formulata dalle SSRR di questa corte dei conti, che hanno ritenuto la disciplina degli incarichi dirigenziali a contratto negli enti locali riconducibile al concetto di “contabilità pubblica”, come intesa, in senso dinamico, dalla citata Delibera n. 54/CONTR/10 (vd. delibere SSRR nn. 12-13-14/CONTR/11, tutte dell’ 8 febbraio 2011).
In ordine alla sussistenza degli altri requisiti di ammissibilità oggettiva la Sezione rileva che la richiesta di parere in esame presenta il carattere della generalità e della non astrattezzanei limiti in cui la stessa potrà pronunciarsi mediante l’indicazione di principi di carattere generale, ai quali potranno conformarsi anche altri Enti, poiché investe questioni di particolare rilevanza per la definizione degli indirizzi dell’attività amministrativa in materia di contabilità pubblica; riguarda scelte amministrative future e non ancora operate dall’Ente.
Risulta altresì sussistente anche il requisito della “non pendenza di richiesta di analogoparere ad altra autorità od organismo pubblico”, non essendo stata proposta la medesima questione ad altro organo o Ente pubblico.
La richiesta di motivato avviso, inoltre, non interferisce, allo stato degli atti, con funzioni di controllo o funzioni giurisdizionali svolte da altre magistrature, né con giudizi civili o amministrativi pendenti.
Con riguardo, infine, alla sussistenza del requisito della non interferenza con eventuali funzioni giurisdizionali svolte dalla magistratura contabile, la Sezione ribadisce quanto più volte evidenziato (cfr. ordd. 29/2010; 25/2011; 35/2011) in ordine alla propria competenza in sede consultiva, il cui compito si esaurisce nell’esclusiva funzione di fornire in veste collaborativa un supporto allo svolgimento dell’azione amministrativa, senza, per converso, esprimere valutazioni sugli effetti che fatti gestionali specifici e concreti possano provocare sul versante della responsabilità amministrativo-contabile.
Deve altresì sottolinearsi come, rispetto all’attività di amministrazione attiva, la facoltà, riconosciuta agli amministratori della Regione e degli EELL di avvalersi della funzione consultiva intestata a questa Sezione, si configura come una possibilità loro consentita di avvalersi, nello svolgimento delle funzioni loro intestate, di un Organo neutrale e professionalmente qualificato, in grado di fornire gli elementi di valutazione necessari ad assicurare la legalità della relativa azione, rimanendo comunque esclusa qualsivoglia forma di co-gestione o co-amministrazione tra l’Ente e l’Organo di controllo esterno.
Nei limiti sopra ricordati il quesito può essere dichiarato ammissibile e può essere esaminato
Nel Merito
1. Ritiene il Collegio di dover preliminarmente procedere a un inquadramento sistematico della disciplina sul conferimento degli incarichi a contratto negli Enti locali, anche a fini di utilità generale per la platea degli Enti potenzialmente interessati a conoscere l’avviso interpretativo della Sezione sulle tematiche di che trattasi.
Come noto, gli incarichi a contratto nelle Autonomie territoriali sono regolamentati dall’art. 110 del TUEL (D. Lgs. n.267/2000).
I detti incarichi possono avere a oggetto anche il conferimento di funzioni dirigenziali a soggetti che non abbiano con l’ente un rapporto di lavoro a tempo indeterminato in virtù di un criterio di attribuzione fondato sull’ “intuitus personae”.
Al di fuori della dotazione organica della dirigenza o dell’area direttiva, per gli enti in cui tale dotazione è comunque prevista, possono essere conferiti, con contratto a tempo determinato,incarichi per i soli dirigenti e le alte specializzazioni (art.110, comma 2, 1° periodo). In questi casi, gli incarichi così conferibili non possono superare il 5% del totale della dotazione organica “della dirigenza e dell’area direttiva” ( vd. art.110, comma 2, 2° periodo).
Per gli Enti di piccole dimensioni possono essere stipulati, al di fuori della dotazione organica dell’ente, contratti a tempo determinato “di dirigenti, alte specializzazioni o funzionari dell’area direttiva, fermi restando i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire” (art.110, comma 2, 3°periodo). Tali contratti sono stipulati in misura complessivamente non superiore al 5% della dotazione organica dell’ente. Infine, per gli enti con dotazione inferiore alle 20 unità è consentito il conferimento di un solo incarico.
Tutti gli Enti presi in considerazione dal secondo comma dell’art. 110 del TUEL devonoprocedere a stabilire limiti, criteri e modalità di stipula dei relativi contratti in sede di adozione del Regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi.
Tale surrichiamata disciplina non trova più nel TUEL la propria fonte esclusiva, posto chepuntuali norme sono state inserite nel già citato D.Lgs. n. 165/2001, nonché in disposizioni di carattere ordinamentale recate da varie leggi finanziarie.
In particolare, talune disposizioni dell’art. 19 del D. Lgs. n. 165/2001 sono state espressamente estese alle Amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, e quindi anche ai Comuni e alle Province, già in forza dell’intervento interpretativo fornito dalla Corte costituzionale con la decisione n. 324/2010.
Detta estensione è stata poi normativizzata a opera del comma 6-ter dell’art. 19, introdotto dall’art. 40, comma 1, lett. f) del D.Lgs. n. 150/2009.
In particolare, per quel che qui interessa, il comma 6 dell’articolo 19 citato prevede che gli incarichi dirigenziali di cui ai precedenti commi da 1 a 5 “ sono conferiti, fornendone esplicita motivazione, a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell’Amministrazione, che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali, o che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche e da concrete esperienze di lavoro maturate per almeno un quinquennio, anche presso amministrazioni statali, ivi comprese quelle che conferiscono gli incarichi, in posizioni funzionali previste per l’accesso alla dirigenza, o che provengano dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato.(…)”.
Ricordato che talune questioni riconducibili ai rapporti tra l’art. 110 TUEL e l’art. 19-commi 6 e 6 bis- del D.Lgs. n. 165/2001 sono state scrutinate dalle Sezioni riunite di questa Corte con le delibere nn. 12-13-14/CONTR/11, tutte dell’8 febbraio 2011, conviene affrontare nello specifico il quesito inerente al possesso del diploma di laurea quale requisito necessario ai fini del conferimento dell’incarico di che trattasi.
Riferisce l’Ente istante che, a una lettura testuale, parrebbero distinguersi all’interno del comma 6, due ipotesi, delle quali la prima sembrerebbe ammettere il conferimento di incarichi a “persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell’Amministrazione, che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali”; mentre la seconda lo prevederebbe per i soggetti “che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria”.
Nella prima, sostiene l’Ente, non verrebbe fatto alcun riferimento al possesso di una formazione universitaria (diploma di laurea), supponendosi che l’affidamento possa avvenire anche a favore di soggetti non laureati, purché sussistano gli altri requisiti.
Accedendo a tale interpretazione, dovrebbe ritenersi operante una deroga rispetto alla disciplina generale sui requisiti necessari per l’accesso alle qualifiche dirigenziali, recata dall’art. 28, comma 2, del D.Lgs. 165/2001, non riguardando il citato comma 6 dell’art. 19 procedure concorsuali pubblicistiche per l’accesso al pubblico impiego.
La riferita opzione ermeneutica si fonderebbe sull’assunto secondo cui la qualificazione professionale, particolare e comprovata, acquisibile “sul campo” per il fatto di aver svolto funzioni dirigenziali in organismi o enti o aziende pubblici o privati per almeno un quinquennio,costituirebbe requisito professionale alternativo rispetto alla particolare “specializzazioneprofessionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria”.
Tale tesi, tuttavia, non è stata ritenuta condivisibile da pacifica e consolidata giurisprudenza di questa Magistratura contabile, formatasi sia in sede consultiva (vd. ex plurimis sez. reg.le Basilicata, delib. n. 29/2011/PAR) che in sede di controllo di legittimità (cfr. sez. controllo di legittimità su atti del Governo delib. n. 3/2003 e sez. del controllo di legittimità su atti del Governo e delle Amm.ni dello Stato n. 2/2005/P).
A tale conclusione si è pervenuti in base a una lettura non solo “testuale”, ma altresìsistematica del richiamato comma 6, secondo cui il requisito del possesso del diploma di laureacostituisce requisito essenziale per l’accesso alle qualifiche dirigenziali nel rapporto di lavoro alle dipendenze delle Amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, co. 2, del D.Lgs. n. 165/2001, trattandosi di un requisito di base e necessariamente propedeutico, come si evince dalla lettura del necessariamente correlato art. 28 successivo, che disciplina l’accesso alla qualifica dirigenziale.
Né tale piana interpretazione può subire eccezioni allorché il conferimento dell’incaricoprovenga da un Ente Locale con contratto a termine (giusta il combinato disposto dell’art. 110 TUEL e del comma 6 dell’art. 19 D. Lgs. n. 165/2001), ipotesi nella quale, anzi, l’accesso alla dirigenza è consentito dal comma 6 a soggetti particolarmente qualificati che, oltre al requisito di base del titolo di studio, posseggano alternativamente uno o più degli ulteriori requisiti di specifica preparazione ed esperienza professionale.
E’ stato infatti affermato che “le previsioni normative in esame non sono sostitutive del requisito di base del possesso della laurea, ma sono aggiuntive, nel senso che, purché in possesso del diploma di laurea, i soggetti che siano dotati di uno dei requisiti delineati nell’art. 19, comma 6, possono ottenere un incarico dirigenziale temporaneo” (vd. sez. reg.le Lombardia delib. n. 504/2011 e, già in precedenza alla novella normativa recata dall’art. 40 del D.Lgs. n. 150/2009, delib. n. 20/2006).
Peraltro, come ricordato, a identiche conclusioni era pervenuta la giurisprudenza di legittimità di questa Magistratura contabile ancor prima dell’estensione della disposizione dell’originario comma 6 alle Autonomie locali, pervenendo alla ricusazione del visto a un provvedimento di nomina a dirigente di seconda fascia di un soggetto esterno al ruolo dirigenziale dell’Amministrazione per difetto del titolo adeguato di studio( vd. delib. n. 3/2003 della Sez. centrale di legittimità su atti del Governo).
Osservava la Sezione che, “a tacere che il richiamo contenuto nell’art. 19, c. 6, alla <formazione universitaria e post- universitaria> equivale nella sostanza a quello fatto dall’art. 28 novellato dello stesso decreto legislativo n. 165/2001 al diploma di laurea, osserva la Sezione che il criterio secondo il quale il legislatore ha inteso disciplinare l’immissione nell’esercizio di funzioni dirigenziali di soggetti, quali essi siano, in precedenza già non investiti di tale qualifica, risulta evidentemente informato alla volontà di acquisire professionalità estranee, tali da presentare qualità aggiuntive e comunque non minori rispetto ai già elevati requisiti previsti per le nomine di funzionari appartenenti ai ruoli dirigenziali.
Tanto premesso, consegue da ciò attraverso una lettura sistematica dell’art. 19,c. 6, che la facoltà da tale norma prevista richiede, nei suoi destinatari, il concorrente possesso di una particolare specializzazione, sia professionale, che culturale e scientifica; quando si passi all’accertamento di tali requisiti, in relazione alle funzioni da attribuire, l’interprete, dal canto suo, non può sottrarsi alla verifica, sotto ogni profilo, della presenza di tutti gli elementi che complessivamente rendono il soggetto idoneo all’incarico.
Ne discende che, ferma rimanendo l’esigenza dell’accertamento di un livello di formazione culturale identificabile nel possesso della laurea, gli elementi che configurano e completano in estranei il profilo della professionalità debbano, insieme ad altri, ricavarsi dal già disimpegnato esercizio di funzioni almeno di pari rilevanza di quelle previste nel nuovo compito.
Quindi, oltre all’accertato possesso di sufficiente formazione culturale, in un contesto normativo in cui è però prevista l’attribuzione di incarichi dirigenziali previa verifica della sussistenza di livelli di formazione particolarmente elevati, occorre che la valutazione venga estesa ad un puntuale esame dei curricula degli incaricandi”.
A conclusioni analoghe è poi giunto anche il Dipartimento per la funzione pubblica, con parere n. 35/2008, nel quale ha stabilito che per gli Enti locali il requisito del titolo di studio richiesto dalla legge per il conferimento di incarico dirigenziale è lo stesso disposto, in generale, dall’art. 28 del D.Lgs. 165/2001, e consiste nel titolo di laurea.
A conferma delle argomentazioni, peraltro univocamente orientate, articolate a sostegno della tesi della necessarietà del possesso del titolo di laurea per il conferimento di qualsivoglia incarico di funzioni dirigenziali, anche a tempo determinato, per tutte le PPAA, compresi gli Enti locali, vale ricordare che la stessa Corte costituzionale, con la già richiamata decisione n. 324 del 2010, ha ritenuto che la disciplina dettata dall’art. 19, commi 6 e 6 bis del D.Lgs. n. 165/2001, riguardi tutte le amministrazioni pubbliche, anche quelle locali, e attiene ai requisiti soggettivi che devono essere posseduti dal privato contraente, requisiti che, dunque, non possono che essere identici per tutte le fattispecie in cui si dà luogo a un incarico dirigenziale.
Gli indirizzi ermeneutici soprariportati, ai quali il Collegio aderisce, rimangono inalterati pur nell’intervenuta modifica normativamente introdotta alla disciplina del conseguimento del titolo di “formazione universitaria” e del relativo valore legale, che, ai fini del conferimenti degli incarichi de quibus, non può essere inferiore al possesso del titolo di laurea specialistica o magistrale ovvero al diploma di laurea conseguito secondo l’ ordinamento didattico previgente al regolamento di cui al decreto del Ministro dell’università, ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509 (vd. art. 6, ult. periodo, come introdotto dall’art. 2, comma 8 quater, del D.L. n. 101/2013, convertito in legge n. 125/2013, peraltro correttamente richiamato dall’Amministrazione istante).
Su tale consolidato impianto interpretativo si innestano le recentissime novelle normative recate sul dettato dell’art. 110 dall’art. 11,comma 1, lett. a), del D.L. 24 giugno 2014, che,nel mantenere fermi i requisiti già normativamente fissati per la qualifica da ricoprire, espressamente introduce il necessario previo esperimento di apposita procedura selettiva pubblica, volta ad accertare, in capo ai soggetti interessati, “il possesso di comprovata esperienza pluriennale e specifica professionalità nelle materie oggetto dell’incarico” .
2. Ritiene il Collegio di dover ancora formulare indirizzi in merito all’ulteriore quesito posto nell’odierna richiesta, specificatamente volto a individuare la corretta interpretazione dell’inciso “non rinvenibile nei ruoli dell’Amministrazione” che nel testo del più volte richiamato comma 6 dell’art. 19 segue il riferimento alle “persone di particolare e comprovata qualificazione professionale” le quali, in presenza di tutti i requisiti normativamente posti, possono essere destinatarie degli incarichi di funzioni dirigenziali di che si sta trattando.
Ora, facendo applicazione dei consueti canoni ermeneutici, in primo luogo di quello letterale, può agevolmente inferirsi che l’inciso “non rinvenibile nei ruoli dell’Amministrazione” deve coordinarsi con la “particolare e comprovata qualificazione professionale” che deve essere posseduta dai soggetti estranei incaricandi (le “persone” del dettato normativo considerato), la quale qualificazione, peraltro, deve essere in concreto valutata dall’Amministrazione conferente in stretta e inscindibile connessione con la particolarità dei compiti che la medesima intende affrontare e portare a compimento.
In altri termini, ritiene il Collegio che il comma 6, avente valenza di norma di carattere complementare all’ordinario sistema di provvista delle professionalità dirigenziali, sia finalizzato ad accrescere le capacità operative delle Amministrazioni attingendo a un bacino più ampio di quello delle unità dirigenziali già presenti nei ruoli delle Amministrazioni medesime, all’uopo acquisendo professionalità esterne altamente specializzate e qualificate, con esperienze maturate in ruoli dirigenziali disimpegnati per almeno un quinquennio presso aziende od organismi pubblici o privati, ovvero in possesso di valori culturali e scientifici ricavati dalla formazione universitaria e post-universitaria, o da pubblicazioni scientifiche, ovvero, ulteriormente, in quanto provenienti dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e degli avvocati e procuratori dello Stato (soggetti, questi ultimi, già direttamente considerati idonei dalla norma, per la posizione rivestita, all’espletamento di un compito dirigenziale).
Tale elencazione è stata ulteriormente ampliata ad opera dell’art. 40, comma 1, lett. e) del D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150(c.d. riforma “Brunetta”),che, tra le altre modifiche, ha aggiunto anche la previsione delle “persone” che per almeno un quinquennio abbiano maturato esperienze professionali in posizioni funzionali previste per l’accesso alla dirigenza, oltreché in possesso del necessario, relativo titolo di studio di “formazione universitaria, come sopra definito.
L’impianto normativo così ricostruito è stato fatto oggetto di una ponderosa attività ermeneutica da parte di questa Corte, in particolare in sede di giurisprudenza di legittimità.
Si è così chiarito che, rispetto all’originaria formulazione, le modifiche apportate dal ricordato art. 40, comma 1, lette. e) della “legge Brunetta” “tendono a limitare ulteriormente la facoltà di ricorrere a soggetti esterni, consentendone il conferimento a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale solo nell’ipotesi in cui (…)tale qualificazione non sia rinvenibile nell’ambito del personale dirigenziale dell’Amministrazione”.
In tal modo, si osserva, “la disposizione citata crea un onere di previa verifica della sussistenza di risorse interne all’Amministrazione in possesso dei requisiti professionali richiesti dall’incarico: soltanto ove tale indagine dia esito negativo sarà possibile attribuire il posto vacante a soggetto esterno, se dotato della particolare specializzazione richiesta”(cfr. delib. Corte dei conti n. SCCLEG/18/2010/PREV).
In definitiva, coerentemente agli ordinari canoni secondo cui compete all’Amministrazione conferente dotare di adeguata motivazione la scelta amministrativo/gestionale in concreto operata, è rimesso all’operato dell’Ente procedere preliminarmente alla ricognizione delle professionalità interne, potendo, solo in caso di esito negativo di tale verifica, procedere alla provvista all’esterno della professionalità necessaria all’assolvimento dei compiti connessi all’incarico.
Nelle suesposte considerazioni è il parere della Sezione.
PQM
La Sezione Regionale di controllo della Corte dei Conti per il Friuli Venezia Giulia esprime il proprio motivato avviso sul quesito riportato in epigrafe nei termini di cui in motivazione
ORDINA
alla Segreteria di procedere all’ immediata trasmissione di copia conforme alla presente deliberazione al Sindaco del Comune di Pordenone;
di pubblicare la presente deliberazione sul sito web della Sezione e di curare gli adempimenti necessari per la pubblicazione sul sito web istituzionale della Corte dei Conti.
Così deciso in Trieste nella Camera di consiglio del 24 luglio 2014.
Il RelatoreIl Presidente
f.to Oriella Martoranaf.to Carlo Chiappinelli
Depositato in Segreteria in data 7 ottobre 2014.
Il preposto al Servizio di supporto
f.to Dott. Andrea Gabrielli
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