Friday 05 July 2019 15:51:29
Normativa Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza
di Roberto Politi - magistrato amministrativo
Il Codice dei Contratti pubblici (D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50) ha, come è noto, disposto che, “Se la stazione appaltante è un comune non capoluogo di provincia, fermo restando quanto previsto al comma 1 e al primo periodo del comma 2, procede secondo una delle seguenti modalità:
a) ricorrendo a una centrale di committenza o a soggetti aggregatori qualificati;
b) mediante unioni di comuni costituite e qualificate come centrali di committenza, ovvero associandosi o consorziandosi in centrali di committenza nelle forme previste dall'ordinamento;
c) ricorrendo alla stazione unica appaltante costituita presso le province, le città metropolitane ovvero gli enti di area vasta ai sensi della legge 7 aprile 2014, n. 56.
L’obbligo di avvalersi della Centrale di Committenza, come sopra dettato dal comma 4 dell’art. 37, ha – peraltro – formato oggetto di recentissima, duplice rimeditazione, in quanto:
- se l’art. 1, comma 1, lett. g), del decreto legge 18 aprile 2019 n. 32 (c.d. “sblocca-cantieri”) ha modificato tale disposizione, introducendo, in luogo della parola “procede”, la locuzione “può procedere”;
- in sede di conversione (di cui alla legge 14 giugno 2019 n. 55), si è tornati “all’antico”, reintroducendo la parola “procede”, in luogo della modificata previsione per cui l’Ente locale “può procedere” al ricorso alla centrale di committenza.
Ma non basta.
La stessa legge di conversione, sopra citata, ha ulteriormente previsto che, fra le disposizioni del Codice dei contratti che, “fino al 31 dicembre 2020, non trovano applicazione, a titolo sperimentale”, rientra anche il citato “articolo 37, comma 4, per i comuni non capoluogo di provincia, quanto all'obbligo di avvalersi delle modalità ivi indicate”.
Quindi:
- la possibilità di ricorrere alla centrali di committenza, per come disciplinata dal decreto legge 32/2019, è tornata ad essere configurata con carattere di “obbligatorietà”;
- e, al tempo stesso, l’applicazione della norma che la disciplina è “sospesa” fino al 31 dicembre 2020, “in via sperimentale”.
In disparte fin troppo evidenti considerazioni in ordine alle difficoltà di orientamento per gli operatori – in primo luogo, per le Stazioni appaltanti – nel quadro del rapido succedersi delle disposizioni di legge in materia, può senz’altro affermarsi che, allo stato:
- il comma 4 dell’art. 37 non è operante;
- con esso, non trova applicazione, con carattere di obbligatorietà, il ricorso alle centrali di committenza;
- l’Ente locale è quindi, “libero” di disciplinare la configurazione (e lo svolgimento) della procedura selettiva con carattere di autonomia.
Diviene, allora, di stringente attualità l’esigenza che ciascun Ente locale, al fine di disciplinare l’attività negoziale di pertinenza, provveda a dotarsi di un autonomo strumento regolatorio.
Esigenza, questa, la cui rilevanza vieppiù viene in considerazione laddove si consideri che la conoscenza (e l’esperienza) della Legislazione insegna che, spesso, niente ha carattere di maggiore “stabilità” delle norme adottate con valenza dichiaratamente “provvisoria” (come, appunto, nel caso della “sospensione temporale” del comma 4 dell’art. 37).
Ed allora, la regolamentazione dell’attività contrattuale da parte dell’Ente locale non capoluogo di provincia non soltanto trova – almeno fino alla fine del 2020 – consentita espansione; ma, ancor più, incontra necessaria attuazione nel quadro dell’esigenza di dettare una disciplina (unitaria, organica ed omogenea) suscettibile di regolare l’attività negoziale dell’Ente stesso.
Quali i contenuti del regolamento?
In primo luogo, va precisato che la regolamentazione comunale non potrà che fare riferimento – per le parti direttamente disciplinate – alla legislazione statale ed alla normazione secondaria (ivi compresa, per quanto applicabile e nelle more della – pure prospettata dallo “sblocca-cantieri” – entrata in vigore del regolamento attuativo del Codice, la disciplina di cui alle Linee Guida di ANAC, approvate di seguito all’entrata in vigore del D.Lgs. 50/2016).
La regolamentazione comunale – la quale, auspicabilmente, dovrebbe essere predisposta con tecnica redazionale “leggera”, onde evitare di introdurre appesantimenti e/o duplicazioni (inutili) rispetto alla sovraordinata normativa – potrebbe disciplinare:
- funzioni e competenze
- contenuto contrattuale
- modalità di scelta del contraente
- modalità di svolgimento delle gare
- stipulazione ed esecuzione del contratto
- disciplina speciale per le singole tipologie di contratto (opere e lavori pubblici; prestazione d'opera intellettuale; compravendita; locazione; ecc.)
- concessioni
- contratti “in economia”.
Dovrebbe, inoltre, essere dedicata particolare attenzione:
- agli affidamenti diretti (ove consentiti)
- e, nell’ambito delle procedure negoziate, alla pubblicizzazione di elenchi di esecutori/prestatori/fornitori (da aggiornarsi periodicamente) suscettibili di fornire alla Stazione appaltante un quadro (altrimenti, di volta in volta acquisibile soltanto attraverso lo svolgimento di indagini di mercato) di soggetti professionalmente qualificati ed idonei, anche sotto il profilo personale/morale/reputazionale allo svolgimento dell’attività/servizio/prestazione da affidare.
Il continuo mutamento del quadro di riferimento testimonia, una volta in più, la difficoltà che assiste il corretto svolgimento dell’attività negoziale da parte degli Enti locali.
Va, quindi, positivamente colta – e concretamente trasformata in opportunità – l’esclusa (ancorché, al momento, solo temporalmente) obbligatorietà del ricorso alle centrali di committenza.
E va colta nel senso che la corrispondente esigenza di presidiare l’attività negoziale dell’Ente con un presupposto quadro di normazione regolamentare, oltre che consentire di imprimere una disciplina omogenea ed uniforme ad ambiti lasciati “scoperti” dalla normazione primaria e sub-primaria, ben potrà valorizzare le “specificità” che presenta ogni singola realtà, sotto i profili dimensionali, sociali, economici.
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