Saturday 05 October 2013 09:28:40
Giurisprudenza Procedimento Amministrativo e Riforme Istituzionali
nota del Prof. Avv. Enrico Michetti a Consiglio di Stato
Il Sindaco non può annullare la determinazione adottata dal responsabile del Servizio di approvazione della graduatoria del concorso. La vicenda giunta all'attenzione del Consiglio di Stato concerne le sorti di un concorso bandito dal Comune di Avetrana con la determinazione del responsabile del servizio (Settore Segreteria – AA.GG. e Personale) con la quale appunto venivano approvati gli atti della commissione esaminatrice del concorso pubblico per titoli ed esami per la copertura di un posto di istruttore contabile, ivi compresa la graduatoria finale dello stesso Successivamente la Giunta comunale, con apposita delibera, condividendo la relazione del Sindaco in ordine ad asserite illegittimità verificatesi nello svolgimento della predetta procedura concorsuale, lo autorizzava ad assumere un provvedimento di annullamento della determinazione (comprese tutte le operazioni della commissione esaminatrice ed il bando di concorso, nella parte in cui prevedeva l’effettuazione di una prova pratica in aggiunta alle due prove scritte). A tanto il sindaco provvedeva, nel dichiarato esercizio del potere di autotutela, con apposita disposizione, evidenziando, tra l’altro, “la sussistenza di un interesse generale al regolare svolgimento del concorso e soprattutto alla necessità che la selezione sia garanzia di scelta del candidato risultato migliore” e richiamando a fondamento dell’intervento “l’art. 50 del D. Lgs. 267/2000, comma 3 che attribuisce al Sindaco le funzioni previste dalla legge, dallo Statuto e dai Regolamenti” e “…art. 44 ultimo comma del Regolamento recante l’Ordinamento degli Uffici e dei Servizi che autorizza il Sindaco ad annullare, di propria iniziativa o su istanza di parte, per motivi di legittimità gli atti dei Responsabili dei servizi degli organi dell’amministrazione”. Il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, sez. II, con la sentenza n. 2162 del 15 giugno 2002, nella resistenza del Comune di Avetrana, respingeva il ricorso proposto per l’annullamento della suddetta disposizione sindacale e della delibera della Giunta comunale, ritenendo infondate le censure di incompetenza del sindaco, nonché di violazione di legge, eccesso di potere per sviamento, inesistenza dei presupposti di fatto e di diritto, irragionevolezza, perplessità manifesta. Giunta innanzi al Consiglio di Stato si legge nella motivazione che l’art. 51 della legge 8 giugno 1990, n. 142, aveva già stabilito, al comma 2, che “spetta ai dirigenti la direzione degli uffici e dei servizi secondo i criteri e le norme dettati dagli statuti e dai regolamenti che si uniformano al principio per cui i poteri di indirizzo e di controllo spettano agli organi elettivi mentre la gestione amministrativa è attribuita ai dirigenti”, aggiungendo al successivo terzo comma che “spettano ai dirigenti tutti i compiti, compresa l’adozione di atti che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, che la legge e lo statuto espressamente non riservano agli organi di governo dell’ente. Sono ad essi attribuiti tutti i compiti di attuazione degli obiettivi e dei programmi definiti con gli atti di indirizzo adottati dall’organo politico, tra i quali in particolare, secondo le modalità stabilite dallo statuto o dai regolamenti dell’ente:…b) la responsabilità delle procedure di appalto e di concorso”. Tale disposizione ha trovato conferma nell’art. 107 del D. Lgs, 18 agosto 2000, n. 267, laddove è stato previsto al comma 4 che “le attribuzioni dei dirigenti, in applicazione del principio di cui all’articolo 1, comma 4, possono essere derogate soltanto espressamente e ad opera di specifiche disposizioni legislative” e al comma 5 che, “a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente testo unico, le disposizioni che conferiscono agli organi di cui al capo I, titolo III l’adozione di atti di gestione e di atti o provvedimenti amministrativi, si intendono nel senso che la relativa competenza spetta ai dirigenti, salvo quanto previsto dall’art. 50, comma 3, e dall’art. 54”. Il principio contenuto nei ricordati articoli 51 della l. n. 142 del 1990 e 107 del D. Lgs. n. 267 del 2000, circa il riparto tra compiti di governo, di indirizzo e di controllo, spettanti agli organi politici elettivi, e compiti di gestione, spettanti ai dirigenti, costituisce “struttura fondante dell’intera riforma delle autonomie locali” (C.d.S., sez. V, 15 novembre 2001, n. 5833), di per sé immediatamente applicabile senza la necessità dell’interposizione di fonti secondarie, cui spetta soltanto la determinazione delle modalità di esercizio della competenza, comunque indefettibile e tale da non tollerare impedimenti e soluzioni di continuità (C.d.S., sez. V, 23 marzo 2000, n. 1617; 21 novembre 2003, n. 7632). Su un piano più generale è stato sottolineato che, a seguito della privatizzazione del rapporto di pubblico impiego, ai dirigenti è stata attribuita la competenza esclusiva nella gestione dell’attività amministrativa, compresa l’adozione degli atti che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, mentre agli organi di governo sono rimaste le funzioni di indirizzo politico, aggiungendosi che, con specifico riferimento agli enti locali, proprio l’art. 107 del D. Lgs. n. 267 del 2000 dispone che gli statuti ed i regolamenti si uniformano al principio per cui i poteri di indirizzo e controllo politico – amministrativo spettano agli organi di governo, mentre la gestione amministrativa, finanziaria e tecnica compete in via esclusiva ai dirigenti (C.d.S., sez. V, 16 ottobre 2004, n. 6029; 5 ottobre 2005, n. 5312; 10 dicembre 2012, n. 6277), con la precisazione che l’attività di indirizzo, riservata agli organi elettivi o politici del comune, si risolve nella fissazione delle linee generali da seguire e degli scopi da perseguire con l’attività di gestione (C.d.S., sez. V, 9 settembre 2005, n. 4654). Sulla scorta di tale substrato normativo (e giurisprudenziale) il sindaco del Comune di Avetrana non poteva adottare, come invece è avvenuto, la disposizione di annullamento, in autotutela, della determinazione e, conseguentemente, dell’intera procedura del concorso pubblico per titoli ed esami per l’assunzione di un istruttore contabile, trattandosi di un’attività di gestione, non appartenente come tale ai compiti di governo, indirizzo e controllo propri di un organo politico, quale appunto è il sindaco. Questi invero, proprio nell’esercizio dei predetti poteri di indirizzo e controllo, avrebbe potuto - e dovuto - sollecitare, anche sulla scorta degli indirizzi forniti dall’organo giuntale, il responsabile del servizio ovvero il dirigente competente all’adozione degli atti opportuni e necessari a rimuovere la pretesa illegittimità verificatasi nella procedura concorsuale in esame, così rispettando il fondamentale ed insuperabile principio di distinzione tra attività di governo ed attività di gestione (potendo del resto eventualmente utilizzare nei confronti del funzionario o del dirigente, riottoso o inadempiente, gli ordinari poteri disciplinari fino a giungere anche alla rimozione dall’incarico o dalla funzione).
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale **** del 2002, proposto da:
CAVALLO LUCREZIA CINZIA, rappresentata e difesa dagli avv. Luigi Cecinato e Ernesto Sticchi Damiani, con domicilio eletto presso Marco Gardin in Roma, via L. Mantegazza, n. 24;
contro
COMUNE DI AVETRANA, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avv. Carlo Panzuti, con domicilio eletto presso Aldo Buongiorno in Roma, piazza Giovanni Randaccio, n. 1;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. PUGLIA, sez. staccata di Lecce, sez. II, n. 2162 del 15 giugno 2002, resa tra le parti, concernente approvazione atti concorso assunzione istruttore contabile;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Avetrana;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 giugno 2013 il Cons. Carlo Saltelli e uditi per le parti gli avvocati Cecinato, Saverio Sticchi Damiani, su delega di Ernesto Sticchi Damiani, e Panzuti;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
1. Con determinazione n. 348 del 31 luglio 2001 del responsabile del servizio (Settore Segreteria – AA.GG. e Personale) del Comune di Avetrana venivano approvati gli atti della commissione esaminatrice del concorso pubblico per titoli ed esami per la copertura di un posto di istruttore contabile, bandito con determinazione n. 10 del 25 gennaio 2000, ivi compresa la graduatoria finale dello stesso, nella quale risultava collocata al primo posto la dott.ssa Lucrezia Cinzia Cavallo, con punti 83,01 su 150.
Successivamente la Giunta comunale, con delibera n. 64 del 18 marzo 2002, condividendo la relazione del Sindaco in ordine ad asserite illegittimità verificatesi nello svolgimento della predetta procedura concorsuale, lo autorizzava ad assumere un provvedimento di annullamento della determinazione n. 348 del 31 luglio 2001 (comprese tutte le operazioni della commissione esaminatrice ed il bando di concorso, nella parte in cui prevedeva l’effettuazione di una prova pratica in aggiunta alle due prove scritte).
A tanto il sindaco provvedeva, nel dichiarato esercizio del potere di autotutela, con disposizione prot. n. 2332 del 19 marzo 2002, evidenziando, tra l’altro, “la sussistenza di un interesse generale al regolare svolgimento del concorso e soprattutto alla necessità che la selezione sia garanzia di scelta del candidato risultato migliore” e richiamando a fondamento dell’intervento “l’art. 50 del D. Lgs. 267/2000, comma 3 che attribuisce al Sindaco le funzioni previste dalla legge, dallo Statuto e dai Regolamenti” e “…art. 44 ultimo comma del Regolamento recante l’Ordinamento degli Uffici e dei Servizi che autorizza il Sindaco ad annullare, di propria iniziativa o su istanza di parte, per motivi di legittimità gli atti dei Responsabili dei servizi degli organi dell’amministrazione”.
2. Il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, sez. II, con la sentenza n. 2162 del 15 giugno 2002, nella resistenza del Comune di Avetrana, respingeva il ricorso proposto dalla dott. Lucrezia Cinzia Cavallo per l’annullamento della disposizione sindacale prot. n. 2332 del 19 marzo 2002 e della delibera della Giunta comunale n. 64 del 18 marzo 2002, ritenendo infondate le censure di incompetenza del sindaco, nonché di violazione di legge, eccesso di potere per sviamento, inesistenza dei presupposti di fatto e di diritto, irragionevolezza, perplessità manifesta.
3. L’interessata, con rituale e tempestivo atto di appello, ha chiesto la riforma di tale sentenza, riproponendo sostanzialmente tutti i motivi di censura sollevati in primo grado, a suo avviso erroneamente apprezzati ed ingiustamente respinti con motivazione insufficiente, superficiale e affatto condivisibile.
Il Comune di Avetrana si è costituito in giudizio, deducendo l’inammissibilità e l’infondatezza dell’avverso gravame di cui ha chiesto il rigetto.
4. Alla pubblica udienza dell’11 giugno 2013, dopo la rituale discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
5. E’ fondato ed assorbente, ad avviso della Sezione, il primo motivo di gravame, con il quale, riproponendo l’identica censura già formulata col ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, l’appellante ha denunciato l’illegittimità dell’impugnato provvedimento sindacale, prot. n. 2332 del 19 marzo 2002, di annullamento in autotutela della precedente determinazione n. 348 del 31 luglio 2001, per l’incompetenza del sindaco.
5.1. Giova al riguardo rilevare che l’art. 51 della legge 8 giugno 1990, n. 142, aveva già stabilito, al comma 2, che “spetta ai dirigenti la direzione degli uffici e dei servizi secondo i criteri e le norme dettati dagli statuti e dai regolamenti che si uniformano al principio per cui i poteri di indirizzo e di controllo spettano agli organi elettivi mentre la gestione amministrativa è attribuita ai dirigenti”, aggiungendo al successivo terzo comma che “spettano ai dirigenti tutti i compiti, compresa l’adozione di atti che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, che la legge e lo statuto espressamente non riservano agli organi di governo dell’ente. Sono ad essi attribuiti tutti i compiti di attuazione degli obiettivi e dei programmi definiti con gli atti di indirizzo adottati dall’organo politico, tra i quali in particolare, secondo le modalità stabilite dallo statuto o dai regolamenti dell’ente:…b) la responsabilità delle procedure di appalto e di concorso”.
Tale disposizione ha trovato conferma nell’art. 107 del D. Lgs, 18 agosto 2000, n. 267, laddove è stato previsto al comma 4 che “le attribuzioni dei dirigenti, in applicazione del principio di cui all’articolo 1, comma 4, possono essere derogate soltanto espressamente e ad opera di specifiche disposizioni legislative” e al comma 5 che, “a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente testo unico, le disposizioni che conferiscono agli organi di cui al capo I, titolo III l’adozione di atti di gestione e di atti o provvedimenti amministrativi, si intendono nel senso che la relativa competenza spetta ai dirigenti, salvo quanto previsto dall’art. 50, comma 3, e dall’art. 54”.
Il principio contenuto nei ricordati articoli 51 della l. n. 142 del 1990 e 107 del D. Lgs. n. 267 del 2000, circa il riparto tra compiti di governo, di indirizzo e di controllo, spettanti agli organi politici elettivi, e compiti di gestione, spettanti ai dirigenti, costituisce “struttura fondante dell’intera riforma delle autonomie locali” (C.d.S., sez. V, 15 novembre 2001, n. 5833), di per sé immediatamente applicabile senza la necessità dell’interposizione di fonti secondarie, cui spetta soltanto la determinazione delle modalità di esercizio della competenza, comunque indefettibile e tale da non tollerare impedimenti e soluzioni di continuità (C.d.S., sez. V, 23 marzo 2000, n. 1617; 21 novembre 2003, n. 7632).
Su un piano più generale è stato sottolineato che, a seguito della privatizzazione del rapporto di pubblico impiego, ai dirigenti è stata attribuita la competenza esclusiva nella gestione dell’attività amministrativa, compresa l’adozione degli atti che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, mentre agli organi di governo sono rimaste le funzioni di indirizzo politico, aggiungendosi che, con specifico riferimento agli enti locali, proprio l’art. 107 del D. Lgs. n. 267 del 2000 dispone che gli statuti ed i regolamenti si uniformano al principio per cui i poteri di indirizzo e controllo politico – amministrativo spettano agli organi di governo, mentre la gestione amministrativa, finanziaria e tecnica compete in via esclusiva ai dirigenti (C.d.S., sez. V, 16 ottobre 2004, n. 6029; 5 ottobre 2005, n. 5312; 10 dicembre 2012, n. 6277), con la precisazione che l’attività di indirizzo, riservata agli organi elettivi o politici del comune, si risolve nella fissazione delle linee generali da seguire e degli scopi da perseguire con l’attività di gestione (C.d.S., sez. V, 9 settembre 2005, n. 4654).
5.2. Sulla scorta di tale substrato normativo (e giurisprudenziale) il sindaco del Comune di Avetrana non poteva adottare, come invece è avvenuto, la disposizione prot. n. 2332 del 19 marzo 2002, di annullamento, in autotutela, della determinazione n. 348 del 31 luglio 2001 e, conseguentemente, dell’intera procedura del concorso pubblico per titoli ed esami per l’assunzione di un istruttore contabile, trattandosi di un’attività di gestione, non appartenente come tale ai compiti di governo, indirizzo e controllo propri di un organo politico, quale appunto è il sindaco.
Questi invero, proprio nell’esercizio dei predetti poteri di indirizzo e controllo, avrebbe potuto - e dovuto - sollecitare, anche sulla scorta degli indirizzi forniti dall’organo giuntale, il responsabile del servizio ovvero il dirigente competente all’adozione degli atti opportuni e necessari a rimuovere la pretesa illegittimità verificatasi nella procedura concorsuale in esame, così rispettando il fondamentale ed insuperabile principio di distinzione tra attività di governo ed attività di gestione (potendo del resto eventualmente utilizzare nei confronti del funzionario o del dirigente, riottoso o inadempiente, gli ordinari poteri disciplinari fino a giungere anche alla rimozione dall’incarico o dalla funzione).
Né, a fondamento della sussistenza del potere esercitato nel caso in esame, possono invocarsi, come indicato nel provvedimento impugnato, l’articolo 50, comma 3, del D. Lgs. n. 267 del 2000 e l’art. 44, ultimo comma, del Regolamento recante l’ordinamento degli uffici e dei servizi del Comune di Avetrana (quest’ultimo nella parte in cui autorizza il sindaco ad annullare, di propria iniziativa o su istanza di parte, per motivi di legittimità gli atti dei responsabili dei servizi degli organi dell’amministrazione).
Sotto un primo profilo deve infatti osservarsi che, se è vero che il ricordato terzo comma dell’art. 50 del D. Lgs. n. 267 del 2000 stabilisce che il sindaco esercita le funzioni attribuite dalle leggi, dallo statuto e dai regolamenti, è altrettanto vero che tale norma fa espressamente salvo quanto stabilito dall’articolo 107 che, come già si è avuto modo di osservare, delimita e distingue nettamente l’attività politica da quella di gestione, attribuendo solo ai dirigenti quest’ultima, in cui è espressamente ricompresa, secondo l’esemplificativa normativa, la “responsabilità delle procedure di concorso”, formulazione in cui deve farsi ragionevolmente rientrare, anche per coerenza sistematica, l’eventuale esercizio del potere di autotutela.
A ciò consegue, sotto altro concorrente profilo, che nessun autonomo rilievo può essere attribuito alla previsione contenuta nell’articolo 44 del Regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi, approvato con delibera della Giunta comunale n. 640 del 22 novembre 1999, da ritenersi tacitamente abrogata o comunque inapplicabile per effetto della disposizione contenuta nel quinto comma dell’articolo 107 del più volte citato D. Lgs. n. 267 del 2000, secondo cui “A decorrere dall’entrata in vigore del presente testo unico, le disposizioni che conferiscono agli organi di cui al capo I, titolo III l’adozione di atti di gestione e di atti o provvedimenti amministrativi, si intendono nel senso che la relativa competenza spetta ai dirigenti, salvo quanto previsto dall’art. 50, comma 3, e dell’art. 54”.
Ciò senza contare che ad identiche conclusioni del resto si giunge anche disapplicando la predetta norma regolamentare, proprio a causa del suo insanabile contrasto con il disposto legislativo primario, essendo appena il caso di rilevare che la disapplicazione della norma secondaria regolamentare, al fine della decisione sulla legittimità del provvedimento amministrativo impugnato, è in questi casi (di macroscopico contrasto con la norma primaria) consentita al giudice amministrativo, a prescindere dall’impugnazione congiunta del regolamento e quindi anche in mancanza di richiesta delle parti (C.d.S., sez. V, 25 settembre 2006, n. 5625; 11 maggio 2004, n. 2966; 13 novembre 2002, n.6293; sez. IV, 14 aprile 2006, n. 2142; sez. VI, 3 ottobre 2007, n. 5098).
5.3. La fondatezza dell’esaminato motivo di gravame, alla cui stregua è da ritenersi pertanto viziato da incompetenza dell’organo che lo ha emanato il provvedimento sindacale prot. n. 2332 del 19 marzo 2002, nonché la stessa delibera della Giunta comunale n. 64 del 18 marzo 2002, nella parte in cui autorizza il sindaco ad emettere un provvedimento di autotutela (della determinazione n. 348 del 31 luglio 2001), determina l’assorbimento degli altri motivi di censura (che attengono al merito della questione e dunque al corretto esercizio del potere di autotutela e che conseguentemente in tale sede non possono essere esaminati).
6. In conclusione l’appello deve essere accolto e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve essere accolto il ricorso proposto in primo grado dalla dott. Lucrezia Cinzia Cavallo e devono essere annullati sia il provvedimento sindacale prot. n. 2332 del 19 marzo 2002, sia la stessa delibera della Giunta comunale n. 64 del 18 marzo 2002, nella parte indicata sub. 5.3.
Le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate in ragione della risalenza della controversia.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello proposto dalla dott. Lucrezia Cinzia Cavallo avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, sez. II, n. 2162 del 15 giugno 2002, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della stessa, accoglie il ricorso proposto in primo grado dalla predetta dott. Lucrezia Cinzia Cavallo ed annulla sia il provvedimento sindacale prot. n. 2332 del 19 marzo 2002, sia la delibera della Giunta comunale n. 64 del 18 marzo 2002, nella parte indicata in motivazione.
Dichiara compensate tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 giugno 2013 con l'intervento dei magistrati:
Carmine Volpe, Presidente
Vito Poli, Consigliere
Francesco Caringella, Consigliere
Carlo Saltelli, Consigliere, Estensore
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il **/09/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Ufficio del Massimario della Gazzetta Amministrativa
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