Monday 03 December 2018 11:00:50
Giurisprudenza Giustizia e Affari Interni
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 29.11.2018
“Il giudice amministrativo non può sostituirsi all’Amministrazione nella valutazione della pericolosità sociale del cittadino straniero, né al momento dell’adozione dell’atto, né tantomeno a distanza di anni, allorquando sia intervenuto il provvedimento di proscioglimento dai capi di imputazione.
La valutazione sulla pericolosità sociale, infatti, compete alla sola Autorità di Pubblica Sicurezza ed il giudice amministrativo deve limitarsi a verificare se il giudizio reso dall’Amministrazione sia immune dai vizi dedotti.
Ne consegue che le vicende successive al decreto impugnato in primo grado, favorevoli all’appellante, non possono trovare ingresso in questo giudizio, ma devono essere valutate dalla Questura anche ai fini dell’eventuale di rilascio del permesso di soggiorno di altro tipo, così come dispone l’art. 9, comma 9, del d.lgs. n. 286/98, e come sottolineato nello stesso decreto impugnato.
9. – Svolte queste premesse è possibile passare ad esaminare il merito dell’appello, tenendo conto esclusivamente dai dati di fatto esistenti al momento dell’adozione della revoca del permesso di soggiorno per soggiornanti UE di lungo periodo.
Con l’unico articolato motivo di gravame lamenta l’appellante la violazione dell’art. 9, commi 4 e 9 del d.lgs. n. 286/98: sostiene, infatti, di non aver subito alcuna condanna penale, ma di essere soltanto indagato, perché denunciato dalla moglie per maltrattamenti; inoltre, la asserita sua pericolosità sociale sarebbe smentita dalla mancata convalida dell’arresto e che dalla revoca degli arresti domiciliari.
La nozione di pericolosità sociale presuppone, secondo l’appellante, una precedente condanna penale di particolare rilievo, ovvero una condotta recidivante, abituale, espressiva di professionalità nel reato o della tendenza a delinquere, mentre nel caso di specie si tratterebbe di un episodio isolato.
Inoltre, sarebbe rilevante anche il suo inserimento sociale e familiare nel territorio italiano: egli risiederebbe in Italia da sei anni, sarebbe ben inserito nel contesto sociale, svolgerebbe attività lavorativa, avrebbe legami familiari in Italia (la sorella con la sua famiglia sarebbe residente anch’essa nello stesso Comune di San Marcello Pistoiese) e nessun altro episodio negativo si sarebbe verificato nei confronti della moglie in precedenza; peraltro, la convivenza con quest’ultima non sarebbe mai cessata.
In sostanza, quindi, l’appellante sostiene che il provvedimento di revoca sarebbe stato adottato in difetto di presupposti di legge, essendo fondato su una mera denuncia penale, senza seri elementi dai quali desumere la sua pericolosità sociale e senza aver operato il corretto bilanciamento degli opposti interessi della sicurezza pubblica e della tutela alla vita familiare.
Ritiene il Collegio di dover innanzitutto richiamare la norma dell’art. 9, comma 4, del d.lgs. n. 286/98.
Tale disposizione prevede che: “Il permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo non può essere rilasciato agli stranieri pericolosi per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato. Nel valutare la pericolosità si tiene conto anche dell'appartenenza dello straniero ad una delle categorie indicate nell'articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, come sostituito dall'articolo 2 della legge 3 agosto 1988, n. 327, o nell'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall'articolo 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646, ovvero di eventuali condanne anche non definitive, per i reati previsti dall'articolo 380 del codice di procedura penale, nonché, limitatamente ai delitti non colposi, dall'articolo 381 del medesimo codice. Ai fini dell'adozione di un provvedimento di diniego di rilascio del permesso di soggiorno di cui al presente comma il questore tiene conto altresì della durata del soggiorno nel territorio nazionale e dell'inserimento sociale, familiare e lavorativo dello straniero”.
Dal tenore della norma si evince chiaramente che il diniego di rilascio del titolo di soggiorno (e dunque anche la revoca del permesso di soggiorno già rilasciato) non può fondarsi solo su precedenti condanne penali per talune tipologie di reato particolarmente allarmanti per la società civile, né presuppone l’accertamento della pericolosità desunta dall’appartenenza a particolari categorie di soggetti, quali quelli individuati nelle disposizioni indicate nella stessa norma, ma prevede una sorta di clausola generale che consente alla Questura di valutare qualunque condotta – a prescindere dall’esito del procedimento penale o dall’applicazione delle misure di prevenzione – che denoti la pericolosità sociale del cittadino straniero per l’ordine pubblico o per la sicurezza dello Stato.
La disposizione, infatti, contiene il termine “anche” prima di riferirsi alle condanne penali e alla misure di prevenzione: in pratica, la norma ha provveduto a tipizzare le fattispecie di pericolosità sociale presunta, consentendo, però, al Questore di valutare la pericolosità sociale anche per condotte non ricadenti nelle ipotesi espressamente tipizzate (…) Per continuare la lettura vai alla sentenza.
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